
Donald Trump ha varato un ordine esecutivo per favorire l’esplorazione e lo sfruttamento delle risorse minerarie presenti nei fondali oceanici. Nello specifico, il provvedimento garantisce una semplificazione del rilascio dei permessi per l’esplorazione, la raccolta e la lavorazione di tali risorse, supporta gli investimenti nella mappatura dei fondali marini e migliora il coordinamento tra dipartimenti esecutivi e agenzie in relazione allo sviluppo delle risorse minerarie ivi presenti. L’ordine esecutivo impone altresì al Segretario del Commercio di accelerare entro 90 giorni con l’ausilio della National Oceanic and Atmospheric Administration il processo di rilascio delle licenze di esplorazione mineraria dei fondi marini e dei permessi di recupero commerciale in aree situate al di fuori della giurisdizione nazionale americana ai sensi del Deep Seabed Hard Mineral Resources Act, nonché di redigere, in coordinamento con i Segretari dell’Interno e dell’Energia, un rapporto all’Assistente del Presidente per la Politica Economica che identifichi le opportunità per il settore privato per l’esplorazione dei fondali marini, l’attività mineraria e il monitoraggio della piattaforma continentale americana, nonché di aree al di fuori della giurisdizione nazionale statunitense, incluse quelle appartenenti alla giurisdizione di altre nazioni che esprimano interesse a collaborare in tal senso con gli Stati Uniti.
I fondali marini risultano ricchi di risorse minerarie che si accumulano in noduli dalle dimensioni di una patata. Tali minerali risultano fondamentali per la realizzazione di batterie per veicoli elettrici, turbine eoliche e pannelli solari. I sostenitori dell’esplorazione e dello sfruttamento delle risorse minerarie nei fondali marini ritengono che tale processo potrebbe favorire la formazione di un’industria altamente redditizia in grado di ridurre la dipendenza dalle attività similare condotte sulla terraferma e dalle importazioni estere. Viceversa, i suoi detrattori ritengono che l’impiego di macchinari pesanti sia passibile di produrre impatti ambientali deleteri. Contemporaneamente, la mossa unilaterale dell’Amministrazione Trump potrebbe minare gli sforzi per la regolamentazione del settore portati avanti dall’International Seabed Authority, portando ad una forte competizione tra le varie nazioni ore lo sfruttamento dei fondali.
L’importanza dei minerali critici
Il termine “materiali critici” definisce qualsiasi elemento, minerale, o sostanza materiale non combustibile che il Segretario per l’Energia Usa ritiene presenti un elevato rischio di interruzione della catena di approvvigionamento e che svolga una funzione essenziale in una o più tecnologie energetiche. Le cosiddette terre rare rappresentano un sottoinsieme di 17 minerali critici presenti sulla crosta terrestre a bassa concentrazione, fondamentali per la produzione di componenti elettronici per smartphone e computer. Gli Stati Uniti sono risultati per decenni il principale produttore di terre rare e hanno mantenuto durante la Guerra Fredda rilevanti scorte di tali materiali. Attualmente, gran parte di tali scorte è stata venduta e la Repubblica Popolare Cinese ha nettamente superato Washington nella produzione di terre rare, raggiungendo una posizione dominante nel settore. Gli Usa risultano ora fortemente dipendenti dalle importazioni di tali materiali provenienti dalla Cina, con grave pregiudizio per la propria sicurezza nazionale.
A seguito dell’avvio di una nuova guerra commerciale da parte dell’amministrazione Trump nei confronti del Dragone, il Ministero del Commercio cinese ha imposto restrizioni alle esportazioni di 7 delle 17 terre rare verso gli Stati Uniti. La manovra rischia di porre Washington in una posizione di forte difficoltà. La base industriale statunitense risulta infatti incapace di reggere i ritmi produttivi cinesi anche a causa della scarse quantità di terre rare prodotte nel paese, di gran lunga inferiori rispetto all’output del Dragone.
Un mondo imprevedibile
Il ritorno del sistema internazionale ad una condizione anarchica, caratterizzata da una competizione tra potenze, rende la dipendenza circa la fornitura di materiali critici un enorme rischio per la sicurezza nazionale di un qualsivoglia attore. Al contempo, la crisi del Coronavirus ha dimostrato gli enormi rischi derivanti dalla fragilità delle catene globali di approvvigionamento. In virtù di ciò, l’amministrazione Trump ha varato una politica energetica fondata sul raggiungimento di una condizione di autosufficienza da parte degli Stati Uniti, disimpegnando il paese da contesti multilaterali potenzialmente non in linea con i propri interessi. A tal proposito, la facilitazione delle trivellazioni sottomarine volte ad estrarre terre rare potrebbe risultare funzionale alla rinascita di tale settore produttivo negli Stati Uniti. Tuttavia, essa risulta passibile di peggiorare i rapporti di Washington a causa dei suoi potenziali effetti deleteri per la regolamentazione del settore.
La formazione di una solida catena di approvvigionamento di terre rare per gli Stati Uniti rappresenta un obbiettivo estremamente complesso e ambizioso, il cui eventuale raggiungimento, data la posizione di assoluta dominanza della Cina, verrà determinato dalla corretta sintesi tra l’incremento della produzione in house statunitense e la coordinazione con i partner di Washington.
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