"Re petrolio" non è ancora alla fine: ecco perché

Re Petrolio non cede il passo. Dagli utili delle big ai colossi dell'auto, come si muovono sull'oro nero gli attori economici.

"Re petrolio" non è ancora alla fine: ecco perché

"Re Petrolio" non abdica. Almeno per ora. I dati sul calo delle entrate finanziarie ed erariali russe di febbraio 2023 rispetto a un anno fa mostrano che a pesare sulla decrescita delle fonti erariali di Mosca (-46%) per i ridotti affari con l'Europa e l'Occidente è soprattutto il -48% segnato dalle entrate fiscali del petrolio.

Il caso europeo è emblematico di quanto, nonostante l'emergenza gas, il petrolio non sia meno importante nella grand strategy energetica delle potenze. "Dal 2000", nota Il Sole 24 Ore, "il mix energetico dell’Unione Europea si è notevolmente modificata ma il ruolo di re petrolio è solamente scalfito — dal 38,7% al 32,7% — a vantaggio di un altro idrocarburo, il metano salito dal 20,6% al 24,4%. Rinnovabili e biocarburanti hanno guadagnato più di 11 punti percentuali passando dal 6,4% al 17,9% del fabbisogno di energia dell’Europa". Di recente proprio sul petrolio gli Stati Uniti hanno mosso una sfida energetica non secondaria alla Russia, aprendo al fatto che gli Emirati Arabi escano dall'Opec per aumentare la produzione, sfidando la posizione di Mosca e dell'Arabia Saudita per un contenimento graduale dell'output finalizzato all'innalzamento dei prezzi.

Il ruolo centrale del petrolio continua in diverse filiere

In quest'ottica, il petrolio continua a essere dominante in diverse filiere, prima fra tutti quella dei trasporti. L'autonomia italiana in materia di raffinazione petrolifera e di produzione di derivati di alto valore aggiunto, garantita anche dall'impianto di Priolo in Sicilia, ha evitato scossoni al mercato interno dopo il bando delle importazioni di questo tipo dalla Russia deciso dall'Unione Europea. E in prospettiva lo status quo dominante non appare destinato a essere stravolto negli anni a venire.

Profitti da estrazione, raffinazione e distribuzione

Così come l'età della pietra non è finita per assenza di pietre, non è l'assenza di petrolio che terminerà l'era dell'oro nero. I risultati economici e aziendali di molte big del settore lo testimoniano: estrazione, raffinazione e distribuzione continuano a essere un mercato florido. Su queste colonne abbiamo parlato della posizione di Eni: la major italiana dell'oil&gas ha piazzato utili operativi e post-imposte ai massimi storici. "Eni non è l’unica compagnia energetica ad aver annunciato profitti record", nota AltrEconomia ricordando che "nelle scorse settimane lo hanno fatto Exxon Mobil (oltre 52 miliardi di euro), TotalEnergies (quasi 34 miliardi di euro), Shell (quasi 38 miliardi di euro) e BP (oltre 26 miliardi di euro)". E in prospettiva la sfida promossa da Italia e Germania nel mondo dell'auto per andare oltre il blocco al 2035 della vendita a auto col motore endotermico lascia pensare che anche nel settore auto, il più toccato dagli alti e bassi del mercato del petrolio ma anche quello che può dargli in prospettiva la batosta più grave, la transizione sarà molto più lunga.

Di recente, un'indicazione in questo senso l'hanno data Renault e Geely, colosso cinese dell'auto elettrica, che hanno firmato a Parigi un accordo per costituire una società, Horse, volta a sviluppare motori endotermici ancora basati sui derivati del petrolio, per quanto meno inquinanti. Il dato significativo è il terzo partner dell'iniziativa, la società petrolifera saudita Aramco, colosso mondiale del greggio. Un interessante asse franco-saudita-cinese rimodula il futuro del mercato dell'auto, con un occhio a biocarburanti e scelte "terze" rispetto all'elettrico.

Il petrolio, insomma, farà ancora compagnia alle nostre società per diversi anni, se non decenni.

E dunque le fluttuazioni di prezzo dell'oro nero continueranno a interessare attivamente imprenditori, investitori, comuni cittadini in tutta Europa e non solo. Re Petrolio non ha ancora abdicato. E non ha intenzione di farlo a breve.

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