Ora le Borse rischiano lo sgambetto

Cina, Grecia, Fed e mini-petrolio mettono in pericolo il rally di fine anno. E Piazza Affari aspetta la bad bank

Ora le Borse rischiano lo sgambetto

Le Borse europee potrebbero guadagnare un altro 7-8% entro la fine dell'anno e, nelle stime degli analisti, Piazza Affari anche un paio di punti percentuali in più, complice l'impatto delle misure per aiutare le banche a liberarsi dal fardello delle sofferenze: venerdì l'indice FtseMib ha chiuso a 23248 punti (+24% da gennaio), non lontano dai livelli del 2009. A ostacolare l'ulteriore minirally ci sono, tuttavia, quattro grandi incognite: l'effettiva tenuta del (traballante) piano da 86 miliardi elaborato dalla troika per salvare la Grecia, la decisione a sorpresa della Cina di tagliare il valore dello yuan per dare maggiore energia al pil (oggi in crescita del 7%), lo spettro dell'annunciato rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve e il «mini-petrolio» (il Wti vale 42 dollari).

Insomma i listini azionari nei prossimi due mesi «si mostreranno “volatili“, molto nervosi», riassume Claudia Vacanti, direttore investimenti di Banca Generali. Perché se da un lato alcune misure faranno da «sostegno alle quotazioni, dall'altro costituiscono la spia di un'economia mondiale che, pur in ripresa, continua a battere in testa». Fino al caso limite dell'Italia, il cui pil nel secondo trimestre ha messo a segno un modesto +0,2 per cento. Probabile, quindi, che prima del rally di fine anno, Piazza Affari veda una fase di correzione, prosegue Claudia Vacanti che tiene gli occhi fissi sulla Federal Reserve: vista la strategia anti-dollaro attuata da Pechino, a settembre Janet Yellen dovrà decidere se rimandare a dicembre il rialzo dei tassi: una prima indicazione si potrà ricavare dai verbali dell'ultimo vertice di luglio, che saranno distribuiti mercoledì.

Lo stesso giorno il Bundestag tedesco sarà chiamato ad approvare il terzo piano di aiuti alla Grecia: 26 miliardi subito per onorare le prime scadenze con Fmi e Bce, il resto solo dopo le riforme che Atene si è impegnata a realizzare entro tre anni, ma il premier Alexis Tsipras non ha più la maggioranza per governare. L'ok di Berlino appare scontato ma il voto del Bundestag è un esame politico per Angela Merkel, alla ricerca del terzo mandato.

Non per nulla ieri la cancelliera ha negato mire egemoniche sul vecchio continente: Un'Europa tedesca? «Non è quello che vogliamo», ha assicurato, aggiungendo di nutrire «qualche speranza» che la crisi ellenica si attenui e aprendo al governo Tsipras, che «ha operato in modo diverso» dal passato. Ha scelto la distensione anche il capo dei falchi Wolfgang Schaeuble, che ha definito «responsabile» l'accordo siglato venerdì dall'Eurogruppo e rimarcato alla Bild come Atene, dopo «un negoziato davvero arduo», abbia compreso la necessità delle riforme.

Dalla privatizzazione del porto del Pireo (su cui punta la Cina) a quello di Salonicco, dalle ferrovie agli scali aeroportuali (cui sono interessati i tedeschi). Tutto però, per la Germania, resta subordinato alla partecipazione del Fmi al piano di salvataggio. E ad Atene non saranno concessi sconti, cioè tagli al suo debito monstre da 312 miliardi, pari al 177% del pil.

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