Accordo fatto su Basilea 3: un po' di respiro alle banche

La stretta sui requisiti patrimoniali viene fatta slittare al 2022. Draghi: "Pietra miliare, regole più robuste"

Accordo fatto su Basilea 3: un po' di respiro alle banche

Oltre un anno di discussioni serrate, tra posizioni difficilmente concilianti. Soprattutto sulla parte più spinosa, quella che riguarda il metodo di calcolo degli accantonamenti delle banche. Poi, finalmente, ieri è stato raggiunto l'accordo finale sulle regole di Basilea III, capitolo terminale che dovrebbe permettere di archiviare il sofferto periodo post crisi finanziaria. Il presidente della Bce Mario Draghi, nelle vesti di numero uno del Ghos (l'organismo che guida il comitato di Basilea), ha parlato di «pietra miliare che renderà più robusto il quadro delle regole sul capitale e migliorerà la fiducia nel sistema bancario», ma non ha potuto fare a meno di ammettere che la soluzione trovata rappresenta «un compromesso» tra le diverse posizioni, in particolare quella europea e quella Usa.

Non a caso, alla fine di novembre, la leader uscente della Federal Reserve, Janet Yellen, aveva messo in mostra tutte le perplessità americane sul mantenimento di quegli standard laschi che gli istituti nordeuropei, tedeschi e francesi cercavano a ogni costo di difendere: «Analisi e test suggeriscono che le banche straniere - specialmente quelle europee - potrebbero avere livelli di capitali troppo bassi rispetto a quello che crediamo sarebbe appropriato sulla base dei livelli standardizzati utilizzati per le banche Usa». Secondo Draghi, con la nuova intesa di supervisione di Basilea3 «non c'è alcun bisogno di incrementare il capitale, perché il capitale è cresciuto molto negli ultimi anni». Non almeno nell'immediato, visto che è stata fatta slittare al primo gennaio 2022 la stretta sui requisiti patrimoniali delle banche sistemiche a livello globale. Quattro anni ancora prima di applicare una soglia di output floor che dovrebbe essere del 72,5% (ovvero, la possibilità di uno sconto non superiore al 27,50% rispetto al livello di accantonamenti previsto dal Modello Standard) e obbligare le banche del Vecchio continente, in base a uno studio di McKinsey, a reperire 120 miliardi di euro di capitale aggiuntivo. L'accordo, come ha spiegato Draghi, prevede infatti un approccio più omogeneo alla valutazione dei rischi interni delle banche, limitando «i benefici» dei modelli interni, cioè quelli finora adottati in Europa, e «deve essere ora trasposto nelle leggi nazionali e recepito dai regolatori». Nulla di fatto invece, a conferma di contrasti insanabili, sul trattamento dei titoli di Stato in pancia agli istituti di credito e sull'introduzione di un plafond per limitare l'esposizione in bond sovrani.

L'Abi ha intanto preparato la risposta dalla Vigilanza europea guidata da Daniele Nouy sulle nuove regole

dell'addendum sui crediti deteriorati, sottolineando che queste norme rischiano di dare un duro colpo al rapporto banca-impresa limitando le ristrutturazioni dei finanziamenti e il successivo periodo di cura dei crediti.

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