Armani apre a Piazza Affari: "La quotazione è un'opzione"

Il re della moda: «Meglio l'indipendenza ma non escludo nemmeno una fusione». La società valutata 5-7 miliardi

Armani apre a Piazza Affari: "La quotazione è un'opzione"
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L'idea che Armani finisse prima o poi in Borsa era già circolata lo scorso novembre dopo la pubblicazione del documento successorio datato 2016, ma adesso per la prima volta il numero uno della fashion house italiana ha lasciato intendere che l'opzione Borsa o quella di una fusione con un altro gruppo sono una possibilità reale.

«La quotazione non è ancora stata discussa, ma è un'opzione che potrebbe essere presa in considerazione, speriamo in un futuro lontano», ha detto lo stilista piacentino in un'intervista a Bloomberg organizzata in vista del suo novantesimo compleanno, che sarà il prossimo 11 luglio.

L'imprenditore, secondo Forbes la terza persona più ricca d'Italia con un patrimonio di 11,3 miliardi di euro, non aveva mai affrontato pubblicamente l'argomento, nonostante nelle carte in mano allo studio notarile di Milano incaricato di delineare la successione abbia lasciato precise disposizioni ai suoi eredi sia per quanto riguarda l'eventuale debutto in Piazza Affari sia in caso di fusioni con altre realtà.

Gli analisti stimano che in caso di Ipo il valore della società si aggiri intorno ai 5-7 miliardi, somma che secondo Bloomberg ed Equita potrebbe lievitare fino a 10 miliardi nell'eventualità futura di un'Opa o di uno spin-off. Moltiplicare la capitalizzazione potrebbe essere un obiettivo alla portata del gruppo, come del resto insegna la storia di altri player del lusso, Moncler su tutti.

Collocamento azionario a parte, alla vigilia dei 50 anni di esistenza l'azienda si prepara inevitabilmente a un passaggio di consegne che lo stesso fondatore avrebbe preparato nei minimi dettagli, fornendo anche un'ampia finestra temporale (cinque anni dalla sua morte) ai suoi eredi prima di poter procedere con tutte le operazioni finora mai concretizzate.

È tutto contenuto nello Statuto approvato nel 2016 dai soci e che prevede un maggiore coinvolgimento della fondazione costituita otto anni fa. La prossima governance sarà collegiale, per prevenire l'ascesa di una figura in particolare. Ma Armani senza il suo storico patron dovrà per forza di cose ridisegnare la sua strategia, adeguandosi alle esigenze del mercato. In tutti questi anni, il gruppo si è sempre vantato di aver preservato la sua indipendenza, quasi fosse un totem. Andando anche controcorrente. A settembre 2023, il celebre stilista italiano aveva rivelato al Financial Times che non avrebbe mai venduto alla concorrenza francese, giudicata «senza personalità». Eppure, guardando i numeri, i cugini d'oltralpe fatturano fino a 40 volte di più. Nel settore del lusso, i conti di un marchio come Armani pur essendo sinonimo di italianità e di qualità nel mondo si confrontano (nel 2022 ricavi per 2,3 miliardi ed ebitda a 289 milioni) rispetto ai bilanci di giganti come Lvmh, che registra un giro d'affari di 80 miliardi. E questo Armani lo sa.

A domanda diretta dei giornalisti di Bloomberg su un'ipotetica acquisizione da parte di uno dei principali conglomerati europei del lusso, il grande fashion designer italiano ha risposto di «non prevedere al momento un'acquisizione» ma ha aggiunto: «Non voglio escludere nulla a priori perché sarebbe un modo di agire poco imprenditoriale». Armani conclude la sua riflessione con un auspicio: che a prescindere dalle nuove tendenze, la moda italiana rimanga un simbolo non solo di immagine, ma anche di «operosità e artigianalità».

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