Auto, nuovo record di profitti. Ma il settore resta in difficoltà

L'analisi di Bain: "Utili in aumento grazie al caro-prezzi". Per la componentistica la crisi è tutt'altro che superata

Auto, nuovo record di profitti. Ma il settore resta in difficoltà

La «tempesta perfetta» che continua a interessare il settore automotive, tra gli effetti negativi causati dalla pandemia e la successiva scarsità di semiconduttori e materie prime, ha avuto il classico rovescio della medaglia: negli ultimi tempi, infatti, i «big» sono riusciti a incamerare utili a livelli record con una media intorno all'8,5% di Ebit annuo. A spiegare il colpo di bacchetta magica è Gianluca Di Loreto, partner di Bain & Company: «Le aziende si sono concentrate su modelli di qualità superiore e su canali a margine più elevato, spingendo su prezzi più alti». Riconversione verso la mobilità elettrica e progressi verso la neutralità climatica sono le priorità dei costruttori, «impegnati a diventare più flessibili per poter gestire meglio i cambiamenti futuri».

Ci sono poi i componentisti-fornitori, da due anni alle prese con una redditività in calo. Nei primi tre trimestri del 2022, in proposito, l'utile operativo medio è sceso a circa il 4,5% rispetto alla forbice tra il 5 e l'8% del periodo pre pandemia. «Oltre alle conseguenze del Covid-19 - aggiunge Di Loreto - molti fornitori del settore automobilistico stanno soffrendo per l'interruzione delle catene di approvvigionamento, la carenza strutturale di semiconduttori e il forte aumento dei costi dei materiali e dell'energia, soprattutto a causa del contesto geopolitico europeo». Da qui il riscontro che alcune aziende stanno già lavorando a programmi di efficientamento e trasformazione di vasta portata, mentre altre devono ancora recuperare. Altro problema evidenziato da Bain & Company riguarda «la dimensione dei fornitori (quelli italiani sono in una posizione di svantaggio rispetto ai concorrenti esteri) impossibilitati a ribaltare sulle Case automobilistiche il 100% degli incrementi». Fin qui l'analisi di Bain & Company sullo stato dell'arte del settore automotive: c'è chi ha visto ripagata la strategia adottata per contrastare gli effetti della «tempesta perfetta» e chi, invece, come i componentisti, ha dovuto correre ai ripari con piani di ristrutturazione di vasta portata.

La prossima settimana, intanto, si conosceranno i dati sulle immatricolazioni in gennaio, mese che beneficia degli incentivi (575 milioni l'ammontare) per chi acquista veicoli a zero o ridotte emissioni di CO2. Nel mese è previsto un aumento delle vendite anno su anno e, a ieri, erano in esaurimento i 150 milioni di ecobonus destinati alle auto con motori tradizionali. In pratica, la stessa situazione di fine 2022 con l'offerta elettrica (190 milioni di euro) e ibrida ricaricabile (235 milioni) in forte difficoltà, «perché non rispondente alle esigenze del pubblico». Gian Primo Quagliano, presidente del Centro studi Promotor, chiede al governo di rimodulare il piano di sostegni al settore a tutto vantaggio dello svecchiamento del parco circolante (età media di 12 anni e 2 mesi).

«Non occorre solo rifinanziarli - afferma Quagliano - ma anche aumentare l'entità che è di 2mila euro per le auto con motore tradizionale (di 4mila e 5mila euro, invece, per quelle plug-in e full electric, ndr), una cifra non sufficiente a far maturare la decisione d'acquisto di un nuovo veicolo». La proposta: creare un fondo unico (emissioni da 0 a 135 grammi per chilometro di CO2) invece degli attuali tre livelli: 0-20, 21-60, 61-135.

È una delle emergenze individuate dal Centro studi Promotor e direttamente collegata alla transizione energetica. L'altra riguarda la crisi del settore: il mercato è tornato ai livelli degli anni '70.

In proposito, Quagliano ribadisce la stima relativa al 2023: non oltre 1,5 milioni di immatricolazioni (-21,7% sul 2019), in leggero aumento rispetto al 2022 quando, in Italia, sono state vendute 1.316.702 vetture. Il presidente del CsP, infine, dati alla mano, smentisce il fatto che i giovani preferiscano il tablet all'auto: «In Italia le patenti attive nel 2010 erano 36 milioni e sono state 38 milioni nel 2021».

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