Banche dal governo per un «aiutino» sugli esuberi

Il governo Letta prova ad afferrare per i capelli i sindacati del credito e trascinarli al tavolo delle trattative con l'Abi per riscrivere il contratto dei bancari e adattare il Fondo esuberi alla Riforma Fornero.
Il provvedimento, anelato dai soci più intransigenti di Palazzo Altieri, sarebbe stato ieri alla firma del ministro del Lavoro, Enrico Giovannini. La convocazione cadrebbe in un momento in cui difficilmente l'esecutivo potrà restare sordo alle richieste dell'associazione presieduta da Antonio Patuelli. Soprattutto dopo la stangata Ires assestata sul settore per rimediare al mancato gettito dell'Imu. Senza contare che fanno già parte della «partita doppia» sia la rivalutazione delle quote di Bankitalia, che concede fiato al patrimonio degli istituti, sia l'allentamento fiscale previsto dalla legge di Stabilità sui 130 miliardi di crediti in sofferenza.
I sindacati temono quindi la trappola. Perché la mediazione del governo offrirebbe all'associazione di Palazzo Altieri l'occasione per cercare di mettere in mobilità i 30-35mila lavoratori del settore considerati da tempo in eccesso sui 303mila complessivi. In sostanza gli addetti over 55, già oggetto di attenzione da parte dell'Abi che in alcuni documenti interni giudicava «insostenibile» l'attuale costo del lavoro. La soluzione per espellere il personale sarebbe ricorrere all'indennità di disoccupazione, chiedendo all'esecutivo di stornare una parte dei 200 milioni che l'industria versa ogni anno allo Stato per la Cassa integrazione, senza però utilizzarla perché c'è il Fondo esuberi. L'alternativa è che, davanti al muro sindacale, la lobby delle banche cerchi la sponda dell'esecutivo per ottenere il congelamento per due anni della parte economica del contratto stesso.
Ecco perché la Fabi di Lando Sileoni si è da subito opposta a qualsiasi intervento del premier Enrico Letta: «Dopo i provvedimenti legislativi in materia fiscale e finanziaria che hanno aiutato le banche, ci aspettiamo da parte dell'esecutivo una posizione super-partes».
Malgrado la serrata di fine ottobre e la minaccia di altri 15 ore di sciopero, le posizioni restano infatti molto distanti con l'Abi «indisponibile» a cancellare la disdetta: a condurre le trattattive è il vicepresidente Francesco Micheli e uno dei nodi irrisolti è la «ultra-attività» del contratto, cioè il fatto che sia applicato anche dopo la scadenza.
La possibile convocazione da parte di Giovannini segue l'incontro «informale» avuto dalle parti sociali il 20 novembre con il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano. Con un dato politico rilevante: a fare da tramite al summit con Damiano - come si può ricavare dallo scambio di mail tra segreterie - è stato il capo della Fisac, Agostino Megale. I due esponenti sono accomunati da un'antica militanza nell'ala «riformista» della Cgil, che li aveva anche portati al contrasto con il vertice confederale dell'epoca. Ebbene sarebbe stato sempre Megale a chiedere per primo a Damiano, davanti agli altri sindacalisti, un aiuto per riscrivere il contratto di categoria.

Lo stesso Megale, solo due giorni dopo (era il 22 novembre), ha però dovuto accettare gli «ordini» impartiti dal direttivo nazionale della stessa Fisac-Cgil che, con sei astensioni, ha riassunto in tre pagine i punti ritenuti irrinunciabili della futura piattaforma del settore del credito.

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