L'effetto-Draghi ha regalato a Piazza Affari la sesta seduta consecutiva in rialzo e ha spinto ulteriormente al ribasso lo spread tra Btp e Bund decennali a quota 94 punti base. Il FtseMib ha guadagnato l'1,48% a quota 23.425 recuperando pienamente i valori antecedenti al crollo del 21 febbraio 2020, giorno d'inizio della pandemia in Italia. A trainare il listino principale è stato il comparto bancario: gli operatori si aspettano, infatti, che il nuovo governo di matrice europeista acceleri le aggregazioni più volte invocate dal numero uno della Vigilanza Bce, Andrea Enria.
«L'arrivo di Draghi sarà un bene non solo per l'Italia ma per l'intera Europa e per l'intero settore bancario», ha commentato in un'intervista a Bloomberg Tv il Ceo e consigliere delegato di Intesa Sanpaolo (+1,41%), Carlo Messina, sottolineando che con l'ex presidente Bce a Palazzo Chigi lo spread potrebbe assestarsi tra i 50 e i 60 punti base.
Ca' de Sass, dopo il successo dell'Opas nell'estate scorsa, sta gestendo la fase di transizione che la porterà a integrare Ubi. Ieri è stato sottoscritto un accordo per acquisire da Cardif il 100% di Cargeas che distribuisce polizze nelle filiali dell'ex Popolare. Ma Messina guarda anche al futuro. Per fare acquisizioni bancarie, anche internazionali, «servono sinergie» perché «l'obiettivo è creare valore per gli azionisti, ed è difficile in questa situazione». Le sinergie con Ubi «possono essere superiori al miliardo all'anno, abbiamo fatto un deal perfetto perché c'era un basso rischio di esecuzione». Il Ceo di Intesa ha, infine, espresso una visione eterodossa sulla questione Npl. «Ci sono tanti gruppi che possono comprare crediti deteriorati e gestirli; non penso che una bad bank italiana o europea sia la soluzione, è solo questione di prezzo», ha detto.
E così il vero exploit è stato messo a segno dall'istituto che più di tutti ha bisogno di un partner: il Monte dei Paschi di Siena è balzato del 19,07% anche sulla scia di alcune indiscrezioni circolate alla vigilia dei conti 2020. In particolare, visto il rosso atteso di 1,5 miliardi di euro, si era diffusa la voce di una probabile emissione obbligazionaria subordinata da 500 milioni per garantire la continuità aziendale e diminuire l'importo della ripatrimonializzazione che, nel complesso, dovrà raggiungere i 2,5 miliardi di euro. Circostanza smentita su richiesta della Consob dalla banca diretta dall'ad Guido Bastianini che ha escluso tale ipotesi derubricandola come opzione delineata dal Fondo Apollo che ha partecipato alla data room di Rocca Salimbeni. La fusione con Unicredit (+2,65%), contemplata dal presidente in pectore Pier Carlo Padoan, resta la soluzione più facilmente percorribile per il Tesoro che entro fine anno dovrà uscire dal capitale liquidandone il 64,2%.
Sugli
scudi anche Bper (+7,4%) e Banco Bpm (+6,16%). Secondo gli analisti di Mediobanca Securities, l'aggregazione avrebbe senso sia sotto il profilo industriale sia sotto il profilo finanziario in termini di crescita degli utili.
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