La necessaria ristrutturazione del settore bancario italiano ha elevato il livello di allarme sociale. Alle circa 3mila filiali (su 33mila) da chiudere si affiancano 35mila esuberi da prepensionare. La stima, diffusa dai sindacati, rappresenta poco più del 10% della forza lavoro ora impiegata. Un punto fermo è tuttavia rappresentato dal fatto che tutti i piani industriali dei grandi gruppi (a partire da Intesa, Unicredit, Mps e Ubi) prevedono una contrazione della presenza sul territorio.
C'è però una circostanza da chiarire. Perché le banche intendono adottare misure draconiane? Si tratta di una questione che spesso resta in sospeso. Grazie a uno studio di Accenture, che il Giornale ha potuto consultare, si può guardare anche dall'altra parte della «barricata». Dal 2007 al 2011 i ricavi si sono contratti del 17%: da una parte la raccolta, causa spread, ha iniziato a costare di più, dall'altra parte la clientela si è orientata a prodotti tradizionali e meno remunerativi per gli istituti. A questo si aggiunge l'esplosione del costo del rischio (+150% causa accantonamenti per le sofferenze), la riduzione dei costi del 3% si è rivelata insufficiente.
Accenture ha inoltre esaminato il conto economico di 3mila agenzie di diversa dimensione. Le filiali piccole (quelle con meno di 5 addetti) sono quelle che hanno sofferto maggiormente la crisi. L'incidenza del margine operativo lordo sui ricavi si è ridotta dal 45 al 30%, a fronte del 42% delle medie (5-9 addetti) e del 45% delle grandi (dai 10 in su). Dall'altro lato, le rettifiche su crediti sono salite dal 6 al 21% dei ricavi. La redditività, perciò, è minima.
Deve, perciò, farsi spazio un nuovo modo di fare banca: mantenendo grandi centri di competenza e presidiando le singole aree con agenzie light (poco personale e molta automatizzazione) da integrare con il canale Internet. «Il rapporto cost/income può migliorare di 5-10 punti a seconda della profondità del cambiamento», spiega Massimo Proverbio, Senior Managing Director di Accenture.
Certo, aggiunge Proverbio, un istituto di credito non può accedere agli stati di crisi, quindi oltre all'estensione dell'orario di lavoro (come previsto dal contratto) sarà opportuno riqualificare il personale «potenziando la gestione del crediti in sofferenza» e ideando «modelli di servizio che prevedano la presenza fuori sede».
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