Banche venete, Consob accusa: "Bankitalia non segnalò problemi"

Bankitalia sotto accusa: sofferenza segnalate in ritardo e verbali incompleti. La Consob: "Se fossimo stati informati avremmo reagito in maniera diversa"

Banche venete, Consob accusa: "Bankitalia non segnalò problemi"

"Non abbiamo ricevuto alcuna informazione da parte della Banca d'Italia". Durante l'audizione alla commissione inchiesta sulle banche, il direttore generale Consob Angelo Apponi scarica tutto sull'istituto di via Nazionale. "Noi siamo stati informati - è l'accusa - delle tematiche relative al prezzo in maniera diversa per le due banche venete". Lo stesso "giochetto" sarebbe stato fatto sia per Veneto Banca sia per la Popolare di Vicenza. Tanto che i bond subordinati emessi da entrambi gli istituti non sono stati approvati dalla Consob. "Se avessimo avuto segnali di quella profondità che poi abbiamo ricevuto solo due anni dopo - ha messo in chiaro Apponi - avremmo reagito in maniera diverso".

Su richiesta di alcuni componenti, la Commissione di inchiesta sul sistema bancario ha votato a favore della trasformazione in testimonianza dell'audizione congiunta del capo della vigilanza di Banca d'Italia, Carmelo Barbagallo, e del direttore generale della Consob, Angelo Apponi. Da qui la decisione della bicamerale di ascoltare separatamente le testimonianze dei due. Decisione che è stata osteggiata da diversi parlamentari facendo notare al presidente Pier Ferdinando Casini che Barbagallo avrebbe potuto ascoltare le risposte di Apponi, in quanto i lavori della commissione sono trasmessi via web. Non solo. Il grillino Carlo Sibilia ha chiesto che Barbagallo fosse controllato dalla Guardia di Finanza. Ipotesi bocciata fermamente da Casini che ha fatto notare di non avere la possibilità né l'intenzione di procedere con simili restrizioni.

Durante l'audizione, Apponi ha acceso un faro sugli istituti veneti falliti. Sia per la Popolare di Vicenza sia per Veneto Banca, la Consob non avrebbe ricevuto, al termine dell'ispezione condotta dalla Banca d'Italia, "alcuna informazione sul prezzo" delle azioni dell'aumento di capitale. In entrambi i casi il prezzo delle azioni sarebbe stato al di sopra del valore di mercato. Da via Nazionale hanno sempre accusato entrambi gli istituti di aver usato meccanismi carenti per quantificare il prezzo e, per questo, di aver espresso, in più di un'occasione, forti rilievi. La Consob, dal canto suo, ha accusato la Banca d'Italia di non aver trasmesso i verbali delle ispezioni in forma integrale. "Fino al 2013 - ha spiegato Apponi - ricevevamo un numero di esposti estremamente limitato, a fine 2014 e nel 2015 il fenomeno degli esposti è molto più esplosivo".

Apponi ha apertamente accusato la Banca d'Italia di non aver segnalato all'Authority, in vista dell'aumento di capitale del 2013, che Veneto Banca potesse avere dei problemi. Anzi aveva addirittura indicato che l'operazione sarebbe stata "strumentale a obiettivi previsti dal piano per effettuare eventuali acquisizioni coerenti con il modello strategico della banca salvaguardando liquidità e solidità". Nel 2013 la Consob avrebbe ricevuto dalla Banca d'Italia informazioni incomplete che non hanno permesso la giusta valutazione del prezzo dell'aumento di capitale. Nella comunicazione ricevuta da via Nazionale, secondo la ricostruzione fatta dal direttore generale della Consob, il prezzo sarebbe stato "alto", mentre nel verbale ispettivo ricevuto nel 2015 è stato, poi, scritto che "la metodologia di calcolo del prezzo è irrazionale e ci sono dei vizi". "L'informazione - ha chiosato Apponi - è significativamente diversa". Gli stessi problemi, a detta di Apponi, sarebbero stati riscontrati nel controllo della Banca d'Italia sulla Popolare di Vicenza. "Al termine dell'ispezione condotta nel 2008 - è l'accusa del direttore generale Consob - da via Nazionale non arrivò alcuna informazione sul prezzo delle azioni, prezzo che risultò inadeguato, facendo deflagrare i problemi della banca veneta".

Durante l'audizione, l'Authority non ha lesinato accuse nemmeno alle due banche venete. In più di un'occasione avrebbero, infatti, ostacolato i controlli fornendo "dati fasulli". Per avviare le operazioni di vigilanza, ha infatti spiegato Apponi, "non è che aspettiamo che qualcuno ci segnali che lo dobbiamo fare, perché tutto il nostro sistema è basato su analisi statistiche".

"Se noi elaboriamo dati che ci provengono dagli intermediari - ha concluso - la vigilanza può trovare ostacolo nel momento in cui ci vengono comunicati dati fasulli. I dati che venivano forniti da queste due banche erano falsi e chi diffonde dati falsi risponderà delle sue affermazioni".

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