Banco Popolare-Bpm, prove d'intesa

Banco Popolare-Bpm, prove d'intesa

«Entro lunedì» Piero Giarda scioglierà la «riserva», avviandosi a diventare il nuovo presidente della Popolare di Milano con l'appoggio di una lista comune sindacati-pensionati. La sua candidatura, pur gradita dalla Vigilanza, non risolve però da sola nè la debolezza patrimoniale di Piazza Meda nè la vita di una cooperativa aggrovigliata attorno alle logiche dell'ex «Associazione Amici». La stretta di Bankitalia sulle sofferenze dell'intero sistema e la probabile successiva scoppola della Vigilanza europea promettono inoltre di far ripartire la stagione delle aggregazioni. E non è un mistero che il governatore Ignazio Visco accoglierebbe con sollievo una soluzione anche per Popolare Milano.
Da qui l'attivismo con cui le banche d'affari sono tornate da alcune settimane a studiare il dossier Bpm, rispolverando opportunità e vantaggi di un'eventuale fusione con il Banco Popolare di Carlo Fratta Pasini e Pier Francesco Saviotti anche in vista dei 500 milioni che Piazza Meda dovrà trovare entro luglio per soddisfare le richieste Eba.
Al momento non c'è nulla di concreto e la situazione è in rapido cambiamento, ma qualche settimana fa la «tentazione» Verona aveva attraversato anche la base di Piazza Meda, alla ricerca di un modo per salvaguardare la cooperativa e per sventare il pericolo che la caduta di Andrea Bonomi diventasse lo scivolo verso il commissariamento. Il percorso di avvicinamento avrebbe comunque dovuto essere soft così da escludere, almeno nel suo schema iniziale, Popolare Milano dalla «banca unica» su cui poggia da tempo il Banco di Saviotti.
I vantaggi industriali di una tale operazione sarebbero evidenti: Verona assumerebbe un ruolo di primo piano nell'area più ricca del Paese, diventando a tutti gli effetti la terza banca italiana alle spalle dei due colossi Intesa Sanpaolo e Unicredit. Già lo scorso dicembre gli analisti di Mediobanca Securities avevano peraltro calcolato almeno 350 milioni di sinergie di costo.
Qualsiasi ipotesi di incastro è tuttavia rimandata a dopo l'annuncio del nuovo piano industriale di Bpm, che dovrebbe essere affidato a Giuseppe Castagna. Lo stesso Banco è inoltre impegnato sul suo rilancio interno: a giugno ha ridisegnato la rete, adottando uno schema a grappolo tra filiali principali («hub») ed altre satellite («spoke»), il large corporate è stato inoltre affidato alla direzione generale.
Il «Banco Popolare non è interessato ad alcuna ipotesi di aggregazioni», aveva rimarcato in occasione della semestrale Saviotti, che si appresta a essere riconfermato per un altro mandato. In sostanza prima di guardarsi intorno, Verona vuole rafforzarsi, anche per reggere con meno fatica l'onere lasciato dallo scandalo Italease. Il probabile arrivo di Giarda in Bpm potrebbe tuttavia dare nuova linfa al progetto. L'ex ministro del governo Prodi conosce già l'ex Popolare Italiana, di cui era stato presidente nel periodo successivo alla gestione di Gianpiero Fiorani. E, si dice, proprio da quello scranno aveva studiato le nozze con la Popolare di Milano all'epoca guidata da Roberto Mazzotta.


Senza contare che le stesse ispezioni ordinate da Bankitalia promettono di fare da volano a un più generalizzato consolidamento tra gli istituti medio-piccoli, che non riusciranno a trovare i capitali per tornare in equilibrio dopo aver ripulito i magazzini dai crediti deriorati. La prima a provarci è Veneto Banca che ha fissato il cda il 4 dicembre per varare il rafforzamento patrimoniale.

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