"Bando alle illusioni, nell'auto solo il 10% è adatto alla Difesa"

Il ceo di OMR Marco Bonometti: "Servono molti investimenti. Conversione rischiosa per l'occupazione"

"Bando alle illusioni, nell'auto solo il 10% è adatto alla Difesa"
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«L'idea del ministro Adolfo Urso di incentivare le aziende della filiera automotive a diversificare e riconvertire le proprie attività verso settori ad alto potenziale di crescita, come difesa, aerospazio, blue economy e cybersicurezza? Apprezzo gli sforzi del governo, ma sono molto scettico. Qualche risultato ci sarà, ma assai limitato: interesserà solo alcune aziende, in particolare di nicchia, e altre no». È il commento, a caldo, su quanto annunciato da Urso al recente Tavolo Automotive, dell'imprenditore bresciano Marco Bonometti, presidente e ceo del gruppo Officine Meccaniche Rezzatesi (OMR), multinazionale che opera nella componentistica per auto, camion e moto, presente anche in Cina, Usa, India, Brasile e Marocco (4mila dipendenti, 1.800 dei quali in Italia, 800 milioni di ricavi nel 2024).Bonometti, che dal 2017 al 2021 è stato anche presidente di Confindustria Lombardia, evidenzia subito i due problemi fondamentali che si presenteranno: quello dei volumi e quello delle tecnologie, aspetti totalmente diversi considerando gli ambiti di impiego. Spiega: «Non esistono compatibilità strutturali tra le imprese che lavorano nella difesa e quelle che operano nel mondo automotive».

Bonometti, guardando al settore della componentistica in Italia, quante aziende riuscirebbero nell'impresa di cambiare business?

«Direi il 10% al massimo, quindi con scarsi risultati occupazionali, senza dimenticare che il personale dovrà essere formato. Per raggiungere l'obiettivo, inoltre, servono congrui investimenti. I rischi di una riconversione riguardano le ricadute negative sul mercato dell'auto».

OMR sarebbe pronta al cambio di produzione?

«In passato abbiamo lavorato per la difesa producendo dei componenti, ma senza occupare un numero elevato di personale. Noi, per esempio, realizzavamo maglie per i cingoli dei carri armati. Si potrebbe lavorare nel campo dei veicoli terrestri, come quelli per il trasposto dei soldati. Ma ribadisco: i numeri dell'auto non si conciliano con quelli per la difesa. Nicchie e volumi limitati non possono prendere il posto della mole di occupazione che garantisce l'automotive. Come si potrebbe rigenerare una linea che fa basamenti per motori in una preposta alle bielle? Le fonderie potrebbero tornare utili in caso di cambio di business, ma ritengo sempre con utilizzi limitati».

Il ministro parla anche di aerospazio.

«La considero un'area importante, ma il problema non cambia. Per adeguare le aziende che oggi operano per il settore automotive ad altri ambiti occorrono forti investimenti. Chi tira fuori tutti i soldi necessari?».

Difesa e riarmo sono diventate le priorità in Europa, anche perché considerati comparti in forte espansione capaci di salvaguardare le competenze dei lavoratori dell'automotive.

«Anche in passato l'industria bellica ha destato una certa attrazione. Attenzione, però, io penso che nel mondo si continueranno a produrre milioni di auto e il vero problema da affrontare, stando così le cose, è l'Europa, destinata a diventare il fanalino di coda perché schiacciata tra due grandi potenze: Usa e Cina. Le aziende saranno così obbligate a produrre dove c'è il mercato».

Qual è il vero problema al quale il governo deve dare una rapida soluzione per il futuro dell'automotive?

«Già 5 milioni di auto sono andate perse in Europa e la situazione italiana, visto il 2024 e come è partito il nuovo anno (-63,4% le vetture prodotte in gennaio, cioè 10.800 unità, secondo i dati preliminari di Anfia - ndr), è molto seria. Il problema enorme riguarda l'energia e soprattutto i costi che da noi, in Italia, sono più del doppio rispetto agli altri Paesi. O si risolve velocemente il problema, visto che per il nucleare ci vorrà del tempo, oppure in Italia non si riuscirà più a produrre».

In base alla sua lunga esperienza imprenditoriale, quali consigli si sente di dare al ministro Urso?

«Che bisogna spingere affinché si prendano decisioni politiche importanti come l'annullamento delle multe, la definizione di un criterio per la misurazione delle emissioni di CO2, la cancellazione del piano Fit for 55 e che in Europa le riforme siano fatte.

La Germania ha deciso di mettere sul piatto 1.000 miliardi per difesa, auto e infrastrutture, decisione presa in poco tempo, basta volerlo. Ma il nodo più importante da sciogliere riguarda l'energia, si rischia veramente grosso».

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