Punta sul vivo dai rilievi della Corte dei Conti europea legati all'insufficiente vigilanza esercitata sulle banche, la Bce reagisce a suo modo: ai 110 istituti di credito di cui è il guardiano, l'Eurotower si appresta a chiedere, secondo alcune fonti interpellate da Bloomberg, un innalzamento dei livelli di liquidità. Un giro di vite indotto dai dissesti che hanno colpito alcune banche regionali statunitensi e dal tracollo di Credit Suisse, con salvataggio coatto da parte di Ubs, il cui denominatore comune è stata la fuga collettiva dei correntisti. L'irrobustimento del cosiddetto «Liquidity coverage ratio (Lcr)», ovvero il requisito in base al quale la quantità di attività liquide di alta qualità deve essere sufficiente a finanziare i deflussi di cassa per 30 giorni, ha proprio lo scopo di evitare flirt pericolosi con il fallimento.
Si tratterebbe di un cambio di passo radicale rispetto agli anni caratterizzati dai tassi a zero e dalla liquidità abbondante, un periodo in cui l'istituto guidato da Christine Lagarde si era concentrato più sul capitale e i rischi di credito. Anche se già nel 2021, in seguito al risalire dell'inflazione e dei costi di raccolta, la Bce aveva iniziato a insistere su un rafforzamento dei cuscinetti di liquidità. Le regole non erano poi però state cambiate.
Il nuovo corso, se sarà effettivamente confermato, arriva in un momento particolare per il sistema bancario. I sette inasprimenti del costo del denaro, per un totale di 375 punti base, hanno contribuito a un aumento significativo della redditività, come testimoniato dalle recenti trimestrali di Intesa Sanpaolo e Unicredit. Al tempo stesso, hanno tuttavia provocato fra gennaio e marzo anche il calo «più marcato dalla crisi finanziaria mondiale» (è l'ultimo Bollettino dell'istituto di Francoforte ad ammetterlo) della domanda di prestiti da parte di famiglie e imprese, mentre la contrazione della domanda di prestiti da parte delle famiglie è stata la più elevata dell'ultimo ventennio. Il peggiorare della situazione è dato dal fatto che la flessione nei prestiti «è stata superiore alle aspettative espresse dagli intermediari nel trimestre precedente». Inoltre, sottolinea sempre il Bollettino, gli intermediari hanno riferito un effetto frenante sulla redditività per via dei superiori accantonamenti e delle maggiori svalutazioni, che potrebbero riflettere «un più elevato rischio di credito giacché l'inasprimento della politica monetaria deprime l'attività economica e aumenta gli oneri per interessi dei prenditori». A complicare il quadro, i rimborsi dei fondi ottenuti dalla Bce tramite i Tltro-III stanno agendo da limitatore ulteriore alla concessione di credito. L'aumento dei costi delle rate di mutui e prestiti in seguito all'irrigidimento della politica monetaria sta d'altra parte facendo aumentare il rischio di trovarsi alla prese con crediti deteriorati.
È il timore espresso peraltro nella relazione dei giudici contabili di Lussemburgo la scorsa settimana, in cui metteva in evidenza come la Bce non utilizzasse in modo efficiente i propri strumenti «per far sì che il rischio di credito sia interamente coperto da capitale aggiuntivo».
Altri rilievi avevano riguardo la vigilanza dei crediti deteriorati pregressi e in particolare la decisione di non imporre rafforzamenti del requisito patrimoniale specifico per singola banca (secondo pilastro) nel trattamento dei «Non performing loans» (Npl).
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