A quattro settimane dal “blocco” dell'Italia va in scena l'ennesimo spot del governo giallorosso, con l'ennesimo decreto accompagnato dalle ennesime promesse. Tante parole sono uscite dalla bocca dei vari rappresentanti dell'esecutivo ma fin qui i fatti concreti stanno a zero.
Nell'ultimo episodio della telenovela in cui è Giuseppe Conte a vestire i panni del protagonista, sono stati promessi 400 miliardi di ulteriori aiuti alle aziende, per un totale di 750 miliardi, considerando anche i proclami delle scorse settimane. Il problema è che gli imprenditori e i lavoratori non hanno ancora visto un soldo.
Ma al di là di questo particolare, non certo irrilevante, e dopo un Consiglio dei ministri durato 8 ore, il premier elenca i nuovi “poderosi” ingredienti della ricetta per risollevare il Paese dalla depressione provocata dal Covid-19: 200 miliardi di prestiti garantiti dallo Stato per il mercato interno e altri 200 miliardi destinati al rifinanziamento del Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese e all'export.
Garanzie “virtuali”?
Gli ultimi miliardi si sommano ai 350 miliardi “liberati” dal precedente decreto Cura Italia. Ma a chi andranno queste garanzie, al momento ancora sotto forma di belle promesse? Le Pmi fino a 500 dipendenti potranno usufruire di prestiti fino a 25mila euro con la garanzia totale dello Stato; i finanziamenti fino a 800mila euro saranno accompagnati da una garanzia statale al 90%, con il rimanente a carico del sistema dei confidi.
Scendendo nel dettaglio, la Sace fornirà garanzie sui prestiti alle imprese medio grandi e alle Pmi per un totale di 200 miliardi. Di questi, 30 miliardi sono destinati alle Pmi come rafforzamento rispetto al supporto del fondo per le stesse Pmi, mentre una quota di 50 miliardi finisce dritta all'export.
C'è tuttavia un aspetto da tenere in considerazione. I 750 miliardi annunciati in pompa magna dal governo rischiano di rimanere un bellissimo spot, e questo per due motivi. Il primo: le trappole per accedere agli aiuti sono così tante che aziende, imprenditori e lavoratori rischiano di restare tagliate fuori.
Il secondo è una diretta conseguenza: i benefici sul tavolo sembrano avere più un valore nominale che non uno contabile. Come dire: il decreto è pronto, agli aiuti ci abbiamo pensato. Se però l'ombrello non è in grado di coprire tutti, o peggio ancora è bucato, non è un problema nostro.
Basta dare un'occhiata al meccanismo che regola la liquidità da garantire alle imprese. Per quanto riguarda la copertura della garanzia, questa deve essere rilasciata alle imprese che al 31 dicembre 2019 non rientravano nella categoria di imprese in difficoltà e che al 29 febbraio 2020 non erano presenti tra le esposizioni deteriorate della banca.
C'è poi da fare una parentesi sui limiti dell'importo, il quale non deve essere superiore al 25% del fatturato annuo dell'impresa relativo al 2019 e al doppio dei costi del personale dell'impresa, sempre relativi al 2019. Insomma, una vera e propria corsa a ostacoli.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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