Una sfilza di bugie e di silenzi rifilati ai mercati e agli organismi di vigilanza per portare avanti l'attacco a Mediaset e impadronirsene con una Opa ostile: così, secondo la procura della Repubblica di Milano, si può sintetizzare il comportamento di Vivendi, il colosso francese impegnato da oltre quattro anni in uno scontro frontale con il gruppo di Silvio Berlusconi, sfociato in un contenzioso legale complesso e dall'esito tuttora incerto.
In questo braccio di ferro fa irruzione ora l'iniziativa della Procura milanese, destinata a modificare sostanzialmente i rapporti di forza, perché a venire accusato di essere uscito ripetutamente dai binari della legalità è il gruppo transalpino, che vede i suoi maggiori esponenti, Vincent Bollorè (che è anche il primo socio), e l'ad Arnaud de Puyfontaine, incriminati e prossimi alla richiesta di rinvio a giudizio per manipolazione dei mercati e ostacolo alla vigilanza della Consob. A entrambi è stato notificato ieri l'avviso di garanzia e l'annuncio della chiusura indagini da parte del nucleo di polizia valutaria della Guardia di finanza, coordinato dal pm Silvia Bonardi. Al centro dell'inchiesta, innescata da una denuncia di Berlusconi e dei suoi familiari, c'è la rottura dell'accordo che nel 2016 prevedeva l'acquisto da parte di Vivendi di Mediaset Premium. Secondo le indagini, il fallimento dell'operazione era stato pianificato da Vivendi con l'obiettivo di indebolire in Borsa il gruppo italiano e di penetrare nel suo capitale. Così il titolo del Biscione, tra luglio e novembre, scende del 30 per cento: mentre, scrive la pm Bonardi, già dal febbraio 2016 Vivendi aveva deliberato «un rilevante acquisto, anche ai fini del controllo, della società Mediaset», provocando per tutto il 2016 «continui deprezzamenti del valore dell'azione».
Quando l'8 aprile viene firmato l'accordo tra i due gruppi per la cessione di Premium, insomma, i francesi avevano in mente un obiettivo ben diverso, ovvero togliere a Berlusconi il controllo dell'intero gruppo. La Procura ha scoperto che già il 18 febbraio Bollorè è pronto, l'obiettivo è arrivare ad acquisire il 25% di Mediaset anche se gli accordi con Berlusconi prevedono una quota solo del 3,5%. E Vivendi ha dalla sua parte, a consigliarla e assisterla, un alleato italiano: Mediobanca, di cui Bolloré è socio storico. Ma anche questa circostanza viene tenuta nascosta alla Consob, e anche di ciò Bollorè e de Puyfontaine dovranno ora rispondere. C'è Mediobanca, sostiene la Procura, dietro il piano per la conquista finale della creatura di Berlusconi: negli atti dell'inchiesta c'è un documento di Piazzetta Cuccia che ipotizza, una volta acquisito il 25% di Mediaset, il lancio di un'Opa ostile per impadronirsi del gruppo, di cui in quel momento la Fininvest (che tra l'altro era ed è anch'essa azionista stabile di Mediobanca) aveva il 35%.
Per Vivendi il provvedimento della Procura è un colpo duro, anche perché arriva nel pieno del ricorso amministrativo dei francesi davanti al Tar del Lazio contro la sanzione emessa dall'Agcom nei loro confronti e all'antivigilia di un udienza cruciale davanti al tribunale civile di Milano, chiamato a decidere sulla richiesta di risarcimento avanzata da Mediaset per la rottura dell'accordo su Premium.
E su questo versante Vivendi deve fare i conti con una novità assai scomoda: le conclusioni della consulenza di Mauro Bini, ordinario di finanza aziendale in Bocconi, secondo cui «il comportamento di Vivendi presenta tutte le caratteristiche di ciò che nella letteratura economica delle alleanze strategiche è definito opportunism, ovvero l'espropriazione di ricchezza dell'alleato realizzata con l'inganno». Conclude Bini: «gli approcci convergono nell'indicare che il danno subito da Mediaset sia almeno pari a 1.800 milioni di euro».
Le accuse mosse ai due manager francesi rischiano di condizionare anche il giudizio della Commissione europea, cui Vivendi si è rivolta appena un giorno fa chiedendo di sanzionare l'Italia per la cosiddetta clausola «salva Mediaset» inserita dal governo Conte nel decreto Covid del novembre scorso.
Una clausola che ora i francesi sostengono essere figlia di uno scambio politico: «La norma è stata inserita del decreto nei giorni in cui Silvio Berlusconi dava pieno appoggio all'esecutivo Conte, con la Lega di Matteo Salvini contraria».
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