Timidi segnali di rinascita nel primo trimestre 2021 per l’industria calzaturiera grazie all’export (+0,3% in quantità e +3% a valore) ma i livelli pre-covid restano lontani. Secondo gli ultimi dati elaborati dal Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici, dopo le flessioni senza precedenti registrate nel 2020, con una perdita di circa un quarto del fatturato e della produzione nazionale, il graduale miglioramento nella situazione epidemiologica, con il conseguente allentamento, in Italia e in diversi Paesi, delle misure restrittive ha favorito in avvio dell’anno un ritorno a livelli di attività un po’ meno negativi rispetto ai trimestri precedenti, anche ancora ampiamente sottotono.
“La ripresa è ancora distante, sebbene l’attenuarsi della virulenza pandemica riesca a farci intravedere la luce in fondo al tunnel – spiega Siro Badon, presidente di Assocalzaturifici –. Se sul fronte estero il rimbalzo di marzo è bastato per riportare i risultati del trimestre almeno sui valori della prima frazione 2020, non così sul mercato nazionale, dove la chiusura dei negozi nei centri commerciali nel weekend, misura rimossa solo lo scorso maggio, ha indotto un ulteriore calo negli acquisti delle famiglie rispetto ai primi tre mesi dell'anno scorso. In particolare, la produzione evidenzia nel primo trimestre una flessione del 6,4% su gennaio-marzo 2020 e addirittura -30% circa sull’analogo periodo 2019 pre-pandemia. Sul mercato interno, gli acquisti mostrano un calo del -3,5% in quantità e del -6,9% in termini di spesa, con un divario superiore al -20% su due anni addietro”.
Il report di Assocalzaturifici indica come anche il prezzo medio al paio degli acquisti delle famiglie italiane sia diminuito nel primo trimestre del 3,5%, a causa del maggior peso, sul totale, di calzature leisure e pantofoleria, dal valore medio più contenuto rispetto a quelle per occasioni formali. Solo le calzature sportive e le sneakers evidenziano un recupero nei consumi (+7,8% in volume), seppur decisamente parziale.
Sul fronte dell’export emerge l’incremento dei flussi verso Svizzera (+13% in quantità) e Francia (+8% in quantità), entrambe legate al terzismo effettuato per le griffe internazionali del lusso, e fuori dall’Europa la crescita della Cina (+44,4% in volume e +74,8% in valore sui primi 3 mesi 2020), che ha interessato in particolare l’alto di gamma (il prezzo medio verso questo mercato è cresciuto del 21%) premiando quindi soprattutto i grandi marchi del fashion. Le esportazioni attuali verso la Cina risultano ben al di sopra dei livelli 2019 pre-Covid (+11,2% in volume e +24% in valore).
“A queste performance positive – continua Badon – fanno da contraltare i ritmi blandi per alcuni importanti tradizionali mercati di sbocco, come Germania (-0,8% in quantità), Usa (che dopo aver perso il 30% nel corso del 2020 segnano nel primo trimestre un modesto +3,5% in volume, con un -8,6% in valore) e Spagna (-5,9% in quantità), cui si aggiunge il crollo delle vendite nel Regno Unito (in caduta di oltre il 40% su gennaio-marzo dello scorso anno)”.
Il saldo commerciale dei primi 3 mesi risulta in attivo per 1,13 miliardi di euro (+11,2%), sebbene ancora inferiore del -4,3% rispetto a due anni addietro.Il saldo commerciale dei primi 3 mesi risulta in attivo per 1,13 miliardi di euro (+11,2%), sebbene ancora inferiore del -4,3% rispetto a due anni addietro.
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