Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) nel 2023 ha registrato un utile netto record di 3,1 miliardi di euro, in crescita del 23% rispetto ai 2,5 miliardi dell'anno precedente. A livello consolidato i profitti si sono attestati a 5 miliardi, in flessione rispetto ai 6,8 miliardi del 2022 per effetto del minor contributo di Eni (-2,6 miliardi) di cui la Cassa detiene il 27,7 per cento. La capogruppo ha conseguito un patrimonio netto di 27,9 miliardi (+8% annuo grazie all'aumento dell'utile) e una raccolta di 362 miliardi, in lieve riduzione sull'esercizio precedente (-2%) ma con la raccolta postale (285 miliardi) che invece ha evidenziato un incremento (+1,3%).
Il presidente Giovanni Gorno Tempini e l'ad Dario Scannapieco hanno presentato anche un update sullo stato di avanzamento del piano industriale 2022-2024. Nel primo biennio le risorse impegnate dal gruppo hanno raggiunto complessivamente 50,7 miliardi, ovvero il 78% del target prefissato a fine piano (65 miliardi), mentre gli investimenti attivati anche con il contributo di terzi hanno superato l'obiettivo triennale attestandosi a 133,5 miliardi a fronte dei 128 miliardi preventivati. Molto significativi anche i risultati raggiunti nei settori di attività appena avviati come l'advisory per l'utilizzo di fondi Ue destinata alle istituzioni pubbliche. Un solo numero è sufficiente a riassumere il successo: 17 amministrazioni centrali assistite sull'impiego di oltre 50 miliardi di fondi Pnrr. I crediti sono cresciuti del 2,7% annuo a quota 124 miliardi, in controtendenza rispetto al settore bancario tradizionale messo alle strette dal rialzo dei tassi. Gli impieghi sono variegati: dal sostegno alle piccole imprese con i basket bond ai finanziamenti concessi alle banche al credito vero e proprio. Infine, la maggiore presenza internazionale con le nuove sedi del Cairo, di Belgrado e Rabat. In una parola: 26 miliardi di Pil generato, pari all'1,4% di quello nazionale. Gorno Tempini ha sintetizzato questa attitudine con la parola «impatto», inteso come valutazione degli investimenti sulla base delle ricadute positive, come ad esempio per la green economy e l'housing sociale. Scannapieco, al termine del suo mandato triennale, non si è espresso sulla sua eventuale conferma, pur lasciandone intravedere l'auspicio. «Le scelte sui vertici riguardano gli azionisti, noi continuiamo a lavorare con grandissima intensità», si è limitato a rispondere. Discorso diverso per quanto riguarda il capitolo partecipazioni. L'ad ha lasciato intendere che ci sono quelle strategiche come le reti e le infrastrutture (Snam, Terna, Eni, Saipem, Ansaldo Energia, Nexi, Aspi, ecc.) e poi ci sono quelle che si valorizzano e poi si dismettono anche nell'ambito della nuova attività di venture capitalist. Su Tim (9,9% Cdp) l'unica concessione è sul fatto che «l'assetto attuale» della rete in fibra in Italia «non sia quello ottimale». Idem su Open Fiber (60%): «Siamo interessati a sostenere questa infrastruttura in un contesto istituzionale».
No comment su Poste nella quale è destinata a restare con il 35% l'unico socio di matrice pubblica vista la prossima dismissione del 29% del Mef. Su un'ipotesi di acquisire il 15% di Raiway, invece, «non c'è niente di concreto al momento anche se si valuteranno le opportunità».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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