Mps sfila in audizione in Parlamento ma secreta le risposte più attese dagli investitori, mentre sul mercato aumentano i punti interrogativi per comprendere quale direzione prenderà, nel prossimo futuro, Rocca Salimbeni. E soprattutto a quanto potrebbe ammontare la dote in caso di vendita della quota di controllo (il 68% del capitale) che il Tesoro si è impegnato a cedere entro il 2021.
«La situazione della banca presenta molte complessità. Alcuni impegni presi con l'Europa poi sono di difficile realizzazione. Sto lavorando con il cda per prospettare uno sviluppo della banca nella versione attuale. Il piano industriale richiederà però qualche mese» ha dichiarato l'ad Guido Bastianini in audizione alla Commissione Banche. A chi gli chiedeva dell'eventuale messa in vendita il manager ha risposto che il «se, il quando e il dove fa parte di una trattativa che non coinvolge il management». E in effetti la negoziazione coinvolge il Governo, ben felice di passare il testimone su Rocca Salimbeni prima che scoppino le prossime grane tra necessarie iniezioni di capitale, svalutazione dei crediti incagliati (Npl) e l'Armageddon delle cause legali da 10 miliardi, coperte per 600 milioni. Un incubo che potrebbe iniziare il 15 ottobre con la definizione del procedimento penale contro gli ex vertici, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola accusati tra l'altro di false comunicazioni sociali. Una condanna in sede penale potrebbe aprire le porte ai procedimenti civili, comprese le richieste di 3,8 miliardi di danni sollevate, per ora solo in via stragiudiziale, da Fondazione Mps, ex socio di riferimento di Rocca Salimbeni.
Ecco quindi che il Mef è dato in pressing su Unicredit e Banco Bpm che tuttavia appaiono tutt'altro che entusiaste. Persino in caso di una dote. Fonti vicine ai due istituti di credito fanno sapere che non ci sono novità rispetto a quanto recentemente comunicato: strategia a shopping zero per Piazza Gae Alenti e nessun contatto per il Banco. Indiscrezioni non confermate parlano addirittura di ipotesi di risiko alternative (che potrebbero passare dal Banco, a Bper fino a Credem o Desio) ipotizzate pur di sfilarsi dal fascicolo bollente. Certo le avance da Roma potrebbero anche essere aumentate e i corteggiatori potrebbero essere indotti alle nozze da una cospicua dote (ma finora il Mef ha stanziato 1,5 miliardi per gestire il processo di de-risking). Equita in proposito ha calcolato che assumendo che l'acquisizione possa richiedere 2 miliardi di costi di integrazione sia necessaria una ricapitalizzazione di 4 miliardi per mantenere stabile sopra al 13% l'indice di patrimonializzazione del polo con Unicredit. In Borsa ieri Mps valeva solo 1,5 miliardi, 2,6 volte meno la dote minima richiesta. Rocca Salimbeni in un decennio ha bruciato 17 dei 18,5 miliardi di iniezioni di capitale effettuate. Sorride solo Intesa: con il successo dell'Opa su Ubi si è messa al sicuro da nuovi salvataggi.
Nonostante i buoni propositi sono molteplici i dubbi alla vigilia dell'assemblea degli azionisti chiamata il 4 ottobre a deliberare la scissione di un portafoglio di crediti incagliati (Npl) di 8,1 miliardi ad Amco. Gli esperti si interrogano sulla necessità di capitale che l'operazione Hydra comporta che potrebbero essere state sottostimate, oltre che sul valore di cessione degli Npl.
«Come Associazione Buongoverno abbiamo presentato domande sul prezzo di cessione del pacchetto Npl visto che sono a bilancio al 51% del nominale e che la vendita, secondo quanto pattuito con le istituzioni europee, dovrà avvenire a prezzi di mercato (che non superare il 21% del nominale ndr)» sostiene un rappresentante dell'associazione.
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