La Cina mette il divieto sugli iPhone

Un tribunale dà ragione a Qualcomm: Apple può vendere solo i modelli più nuovi

La Cina mette il divieto sugli iPhone

Una volta i cinesi aspettavano sulla sponda del fiume il passaggio del cadavere del nemico. Adesso, riaccesa la guerra commerciale con gli Usa dopo l'arresto della Cfo di Huawei, Meng Wanzho, sembrano aver perso quella millenaria pazienza. Meglio il contrattacco. Perché è con questa chiave che si può leggere la decisione di ieri con cui un tribunale cinese, accogliendo il ricorso del colosso dei chip Qualcomm, ha stabilito il divieto di importazione e di vendita di quasi tutti gli iPhone sul suolo cinese. In prospettiva, un danno importante per Apple: nel Paese del Dragone la creatura di Steve Jobs ha fatturato, nel solo secondo trimestre fiscale, oltre 38 miliardi di dollari attraverso la commercializzazione di più di 52 milioni dei suoi smartphone. Un contraccolpo economico messo in conto da Wall Street, dove il titolo del gruppo di Cupertino è sceso del 2% prima di risalire (+0,1% a un'ora dalla chiusura) in un mercato reso debole (il Dow Jones è finito sotto i 25mila punti) anche dall'attesa per la delicata riunione della Federal Reserve del 19 dicembre.

Ma dopo l'illusione creata dalla tregua sui dazi siglata da Donald Trump e da Xi Jinping a margine del vertice del G20 di Buenos Aires, gli investitori sono soprattutto sempre più preoccupati per il deterioramento dei rapporti tra Washington e Pechino. La richiesta di estradizione di Meng inoltrata dagli Usa al Canada per violazione dell'embargo con l'Iran, ha tolto ogni dubbio sulle possibilità che la trade war si risolva in fretta. E ora le chance si riducono ulteriormente dopo il ceffone rifilato alla Mela morsicata.

Qualcomm ha spiegato che il tribunale è convinto che Apple abbia violato un brevetto legato all'editing di foto e un altro con cui toccando lo schermo di un dispositivo si può scorrere da una finestra all'altra. Dal divieto di import e di vendita dovrebbero essere esclusi i melafonini più nuovi - i modelli XS, XS Max e XR - perché non erano ancora sul mercato quando il caso è stato aperto. Replica Apple: «Lo sforzo di Qualcomm di vietare i nostri prodotti è l'ennesima disperata mossa da parte di una società che è sotto indagine per le sue pratiche illegali» in molti Paesi. È da tempo che i due giganti sono protagonisti di una serrata guerra legale fatta di accuse incrociate. Secondo Bloomberg, ci sarebbero più di cinquanta procedimenti che coinvolgono Qualcomm e Apple, tra cause e ricorsi antitrust per la violazione di brevetti, in sei Paesi. Vista la frammentazione delle cause (separate, in diverse giurisdizioni e riguardanti brevetti differenti) difficile che si arrivi a un giudizio uniforme. È più probabile che sentenze e pareri più pesanti (come quello dell'International Trade Commission o come la condanna cinese) offrano indizi sulla consistenza delle reciproche accuse. Per arrivare poi a un accordo, per ora lontano visti i toni utilizzati dalle due compagnie.

Ciò che al momento risulta evidente è che aver dato ragione a Qualcomm non è solo un atto di ritorsione verso gli Usa. È anche una mossa perfida. Per colpire Washington, Pechino ha infatti usato il gruppo che nel marzo scorso aveva indotto Trump ad alzare le barricate per impedirne l'acquisizione da parte della Broadcom di Singapore. Operazione da 142 miliardi di dollari sacrificata sull'altare della difesa dell'interesse nazionale.

The Donald era convinto che il deal avrebbe finito per avvantaggiare la Cina in un settore sempre più strategico come quello dei microprocessori wireless, in cui Qualcomm è particolarmente attiva. E, guarda caso, subito dopo l'altolà su Qualcomm la Casa Bianca aveva iniziato a minacciare la Cina con i dazi.

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