Le città di domani? Meglio argute che intelligenti

Granelli: "Purché il farmaco non diventi veleno". Gismondi: "L'incognita Cina e il tema della sicurezza"

Le città di domani? Meglio argute che intelligenti
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Ritorno alle origini. Alle parole. Crisi come scelta e decisione. Momento difficile, ma anche opportunità. Come l'oggi, il presente. Con due guerre e un mondo nuovo che si sta disegnando sotto i nostri piedi. Un mondo in cui la tecnologia è sempre più importante (e sfidante) e disegna città nuove. Smart. Brillanti. Perché, almeno sulla carta, dovrebbero facilitare le nostre vite.

È stato questo il tema trattato durante l'evento organizzato da il Giornale e intitolato Mobilità al tempo delle Smart City in cui si sono confrontati, moderati dal nostro inviato Stefano Zurlo, Danilo Gismondi (direttore IT e Digital Transformation Officer Autostrade per l'Italia), Andrea Granelli (presidente Kanso), Francesco Maldari (Ceo UnipolTech) e Sergio Matteo Savaresi (Professor in Automatic Control presso il Politecnico di Milano). Ed è proprio quest'ultimo a presentare il mondo nuovo in cui le auto a guida autonoma arriveranno a domicilio a coloro che vorranno noleggiarle: Dobbiamo transitare a una mobilità condivisa e nel 2025 avremo raccolto un numero di chilometri sufficienti per comprendere come svilupparla. Ci stiamo interrogando anche sulla possibilità che questo servizio possa servire per esempio anche gli anziani che, nei paesi più piccoli, hanno bisogno di esser portati in farmacia o in posta.

Perché le smart city, se ben progettate, permettono innanzitutto di godere di servizi. Ed è per questo motivo che Andrea Granelli sostiene l'importanza del benessere all'interno delle città di domani. E precisa: "Più che smart, direi argute. La mobilità è fatta di tecnologie, di luoghi e di persone. E questo è il primo fenomeno. C'è l'innovazione tecnologica e dei modelli di business, come il car sharing. La mobilità è trasformazione dei comportamenti: non solo come si guida, ma anche come si vive. E poi bisogna tornare al senso delle cose. Ma non è tutto oro ciò che luccica. Perché tutto ciò che è tecnologico è hackerabile. Può essere un farmaco o un veleno. Stessa opinione di Gismondi: "Le tecnologie esistono e le usiamo al servizio dell'azienda e del cittadino. Non sappiamo però cosa stia sviluppando la Cina, ma il tema della sicurezza è fondamentale, tant'è che la cyber security oggi è indirizzata a evitare attacchi di altri Paesi. Qualsiasi infrastruttura potrebbe essere infatti bloccata da un malintenzionato ed è lì che le aziende moderne investono molto". Soprattutto in quelle che sono le sue infrastrutture più importanti per un Paese, come strade e autostrade. Che interessano gli hacker (il veleno) e la nuova mobilità (la medicina). Maldari, infatti, sostiene l'importanza delle scatole nere installate sulle auto: "Ne abbiamo circa quattro milioni e hanno sensori che vengono usati primariamente per fini assicurativi. Usiamo l'intelligenza artificiale per elaborare le immagini: ricreiamo gli incidenti per comprenderne le dinamiche. La scatola nera, grazie agli algoritmi che abbiamo sviluppato, integrando ed elaborando i dati, determinano anche la responsabilità di un incidente". Maggior controllo, dunque. Per tutelare se stessi. Perché sono i dati, sempre, a fare la differenza. Diceva infatti William Edwards Deming: Senza dati sei solo un'altra persona con una opinione. Sono infatti i dati a fare la differenza. E a farti risparmiare. Come con la green box di Unipol che, spiega Maldari, analizza gli stili di guida dei conducenti e determina quanto inquinano effettivamente. In questo modo andiamo incontro a una transizione equa perché è ovvio che chi ha auto di classe energetica più basse ha meno disponibilità economiche".

Già, la transizione. L'Europa ha posto una data per compierla: 2030. Ma è irrealizzabile. È l'ideologia che si impone sulla realtà.

Attenzione al percorso - afferma Savaresi - Il punto di arrivo è certamente l'elettrico, ma ci vuole tempo, realisticamente dobbiamo parlare di altri vent'anni". Del resto, conclude Gismondi, "l'elettrico è uno dei componenti, ma non l'unico. Vanno affiancate fonti alternative e bisogna cambiare la catena di produzione dell'elettrico, soprattutto per un tema di sostenibilità.

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