Clausole di salvaguardia per 2021-2022: una bomba da 47,1 miliardi

Il governo ha evitato l'aumento dell'Iva per il 2020, ma ha introdotto nuove clausole di salvaguardia per il prossimo biennio: una spada di Damocle da 47,1 miliardi di euro che pende sugli italiani. E che si intreccia con la spending review

Clausole di salvaguardia per 2021-2022: una bomba da 47,1 miliardi

La manovra 2020 è appena stata approvata, ma già si pensa ai prossimi due anni. Se il governo può vantarsi di avere disinnescato il temuto aumento dell'Iva, stanziando risorse per 23 miliardi di euro (sui 32 complessivi della legge di bilancio), la verità è che il problema non è stato risolto, ma solo rinviato nel tempo. Il governo, insieme al Ministero dell'Economia, sta ragionando su come far fronte ai 47,1 miliardi di clausole Iva (44,2 miliardi) e accise sui carburanti (2,9 miliardi), da "tamponare" tra il 2021 e il 2022.

Come scrive il Sole 24 ore, anche le Finanziarie del prossimo biennio partiranno con il freno a mano tirato, complice l'handicap delle clausole. E il conto si annuncia salato. Per scongiurare l'incremento dell'Iva serviranno quasi 50 miliardi di euro. Cifra che renderà quasi impossibile reperire e stanziare risorse per l'occupazione e la crescita. Da escludere l'ipotesi di fare nuovo deficit, nonostante i buoni rapporti che legano il governo alla Commissione europea, dove siede anche l'ex premier Paolo Gentiloni.

Niente flessibilità, insomma. Al contrario, l'Italia dovrà programmare e realizzare un percorso di rientro dal debito e di riduzione dal deficit. Un piano che, ragionano in questi giorni in via XX settembre, non potrà che passare dall'aumento dell'Iva.

Cosa che il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, avrebbe voluto fare da subito. Ma il niet del governo, in particolare di Italia Viva e M5s, lo ha portato a più miti consigli. Convincendolo a rinviare tutto all'anno prossimo. Quando bisognerà giocoforza intervenire sul tema dell'Imposta sul valore aggiunto, magari con una rimodulazione dei beni sottoposti alle attuali tre aliquote.

Molto dipenderà dall'esito delle norme inserite nell'ultima manovra sulla lotta all'evasione, dalla quale si dovrebbero incassare nuove risorse da inserire in un percorso di revisione strutturale della spesa. Di qui, rimarca il Sole, l'ipotesi di ricorrere a una nuova commissione sulla spending review, come confermato dallo stesso Gualtieri in un'audizione alla Camera del 19 dicembre. L'idea del ministro è di coordinare la riforma riscale con la revisione della spesa nel quadro di un piano triennale da inserire nel Def di metà aprile e nel Pnr, i due documenti programmatici che ispireranno la legge di bilancio 2021.

Resta, però, il tema delle clausole di salvaguardia. L'Europa spinge per spostare parte del prelievo dai redditi da lavoro ai consumi, malgrado il rischio di innescare fenomeni recessivi. Tuttavia, gli effetti negativi sull'economia sarebbero compensati dai benefici legati al taglio degli oneri sul lavoro, ben più consistenti di quelli attesi dalle misure sul cuneo fiscale (previsti dalla manovra appena approvata) che scatteranno nel luglio 2020.

E la spending

review? Il tema della revisione della spesa torna periodicamente di attualità, ma non piace a nessuno se non ai tecnici: di qui la difficoltà di realizzare un serio piano di riqualificazione della spesa.

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