Colao: "Banda larga? A tutti e in gara"

Lo spettro dell'addio alla rete unica schiaccia Tim (-5,5%). Esposto alla Consob

Colao: "Banda larga? A tutti e in gara"

Addio rete unica? Secondo indiscrezioni non confermate lanciate da la Repubblica, il governo Draghi avrebbe intenzione di abbandonare il progetto di rete unica in fibra ottica a banda ultralarga che prevede di far confluire la gestione delle linee di Tim e delle reti di Open Fiber (controllata dallo stato tramite Cdp) in un'unica società, la AccessCo, di cui Tim dovrebbe assumere il controllo. Una ipotesi che ieri ha fatto andare in tilt il titolo Telecom Italia in Piazza Affari, che ha chiuso la seduta con un calo del 5,52% a 0,42 euro. E ha suscitato le reazione del gruppo guidato da Luigi Gubitosi pronto ad un esposto in Consob.

Tutto sarebbe scaturito da alcuni passaggi del Pnrr inviato a Bruxelles, dove si parlerebbe al plurale di «reti» e non di «rete» nel capitolo dedicato all'infrastrutturazione ultrabroadband. Il piano rete unica, che godeva dell'appoggio dell'ex governo Conte, darebbe di fatto a Tim un monopolio sulla gestione della rete, aspetto inviso al nuovo esecutivo. E che, in queste ore convulse, ha spinto il Pd a smentire che il Pnrr parli di rete unica e il M5S a chiedere «un chiarimento dal governo». Soprattutto dopo la mezza conferma che sembrerebbe essere arrivata ieri da Vittorio Colao, ministro dell'Innovazione tecnologica: «Credo - ha detto - che il ruolo giusto della politica sia quello di pensare agli interessi dei cittadini. Il nostro obiettivo è politico e di Paese - sottolinea - non di assetti societari e quindi puntiamo a qualsiasi situazione adatta a dare la banda larga a tutti, lo faremo con le gare».

Una situazione intricata che rafforza l'ipotesi di un coinvestimento di vari operatori senza fusioni societarie - che avendo determinato un impatto negativo sull'andamento del titolo in Borsa, ha apppunto spinto Tim ad annunciare la presentazione di un esposto alla Consob. Tim evidenzia come «non si comprenda la relazione tra il suddetto Piano e possibili aggregazioni delle società oggi operanti nel settore, atteso che, come più volte ricordato anche da rappresentanti di governo, tali aggregazioni rientrano tra le operazioni di mercato rimesse esclusivamente alla volontà delle società coinvolte e dei loro soci».

Una tegola su Telecom proprio ora che l'Enel aveva «sbloccato» la situazione con il via libera alla cessione del 50% in Open Fiber: il 40% al fondo australiano Macquaire e il 10% a Cassa depositi e prestiti (che salirà dunque al 60%) per una plusvalenza di 1,7 miliardi. Un'operazione che secondo Alberto De Paoli, cfo DI Enel, si chiuderà «nel terzo trimestre dell'anno». E potrebbe portare Enel a replicare il modello Open Fiber in altri Paesi.

Ieri intanto Enel ha licenziato i conti del primo trimestre confermando i target pur con un utile in calo a 1,176 miliardi (-5,7%), un risultato netto ordinario a 1,21 miliardi (-5,2%) e ricavi a 17 miliardi (-14,4%). Segno positivo invece per gli investimenti, saliti dell'8,8% a 2 miliardi.

L'amministratore delegato Francesco Starace si è concentrato sul Pnrr, spiegando il ruolo chiave di Enel per i capitoli digitalizzazione e transizione energetica, per i quali sono stati previsti investimenti ingenti: circa 6 miliardi per le rinnovabili, 4 miliardi sulle reti e 3 miliardi sull'idrogeno.

Nella fase di proposte Enel «ha portato iniziative per 26 miliardi che potrebbero generare, se portati a terra, 86 miliardi di impatto sul Pil e 100.000 posti di lavoro», ha detto l'ad. Nel trimestre, la produzione a zero emissioni del gruppo ha raggiunto il 64,3%.

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