Scatta il pressing su Conte: "Rinvii le tasse a settembre"

L'urlo di commercialisti e imprenditori. Ma rinviare i pagamenti non basta: "Serve una moratoria o non ce la facciamo"

Scatta il pressing su Conte: "Rinvii le tasse a settembre"

Rinviare il pagamento delle tasse di luglio almeno al 30 settembre. È questo il grido d'allarme contenuto all'interno della lettera scritta dal Consiglio nazionale dei commercialisti (Cndcec) e indirizzata al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e al ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri.

La crisi sanitaria provocata dalla pandemia di Covid ha messo in ginocchio l'Italia, che si trova adesso a fare i conti con un dissesto economico senza precedenti. Il motore produttivo del Paese è sospeso in un limbo, in attesa di un futuro non proprio roseo.

Nei mesi dell'emergenza, il governo ha provato a bloccare l'emorragia a colpi di decreti, misure straordinarie e bonus. In più Conte sta partecipando ai negoziati europei per portare a casa ulteriori aiuti da Bruxelles. Il problema, tuttavia, è che l'esecutivo ha messo in campo misure che hanno avuto (e hanno tutt'ora) un semplice effetto palliativo.

Tralasciando il fatto, assolutamente non secondario, che molti lavoratori e altrettante imprese non hanno ancora ricevuto gli aiuti promessi per colpa di una burocrazia asfissiante, il messaggio lanciato dai commercialisti, e sposato anche da Matteo Salvini, è che serve un piano più coraggioso.

Prendiamo, ad esempio, il versamento di imposte e contributi inerenti alle dichiarazioni fiscali per i titolari di partita iva. Il Dpcm di giugno aveva previsto un rinvio delle stesse al 20 luglio, termine ultimo per varie scadenze fiscali, come la dichiarazione dei redditi, il pagamento dei saldi 2019 e i primi acconti del 2020 relativi a imposte su redditi e Irap.

Uno sforzo del genere potrebbe avere lo stesso effetto di una goccia nell'oceano. ''Essendo ormai imminente la scadenza del prossimo 20 luglio – ha spiegato Massimo Miani, presidente del Cndcec - si rinnova formalmente e come urgente priorità di tutti gli oltre 118 mila iscritti al nostro Ordine professionale la richiesta di proroga al 30 settembre del termine per i versamenti relativi alle dichiarazioni dei redditi e dell'Irap 2020''.

Una richiesta, tra l'altro, che ''trae giustificazione – ha evidenziato ancora Miani - dalle difficoltà finanziarie della maggior parte dei contribuenti, nonché dalla necessità degli studi professionali di svolgere le attività prodromiche a tali versamenti con la dovuta serenità e diligenza professionale''. Come se non bastasse, lo scorso anno una proroga dei termini è stata disposta ''per il semplice ritardo nell'elaborazione dei nuovi Isa'', una situazione che ''non è neppure lontanamente paragonabile alla situazione di grave ed eccezionale emergenza verificatasi quest'anno''.

Le criticità dei commercialisti

''La proroga delle scadenze a settembre, per noi che siamo operatori del settore, era quasi scontata'', ci ha spiegato Gabriele, un commercialista toscano. La stranezza, semmai, è un'altra: che, a oggi, il governo non abbia ancora preso questa decisione.

In generale, Gabriele ha evidenziato due criticità comuni all'intera categoria dei commercialisti. Il primo problema è prettamente operativo. ''Negli ultimi mesi la maggior parte degli studi ha lavorato su casse integrazioni, richiesta bonus, finanziamenti e adempimenti legati ai provvedimenti di emergenza. Tutto questo a scapito di altro'', ha affermato. ''Adesso abbiamo una scadenza ravvicinata e lavoriamo dieci ore al giorno in condizione di difficoltà. Non si capisce perché il governo non abbia ancora dato la proroga. L'impressione è che il mondo delle imprese non sia messo al primo posto''.

E qui arriviamo dritti a un secondo problema: quello legato alle imprese. ''Nessuno, con la chiusura che c'è stata, è in grado di calcolare in maniera previsionale il primo acconto relativo al 2020. Significa che le imprese dovranno pagare facendo un calcolo storico, sulla base del 2019. Gli imprenditori saranno costretti a versare imposte in eccesso, da recuperare in un secondo momento. Prevedo la proroga un paio di giorni prima della scadenza, quando ormai la maggior parte dei clienti avrà pagato'', ha aggiunto Gabriele.

Da commercialista, Gabriele sostiene che questo governo abbia scelto di dare soldi a pioggia un po' a tutti. Il punto è che era necessario ''privilegiare i motori dell'economia'', cioè le imprese, perché se si fermano quelle ''puoi andare avanti giusto qualche mese''. Detto altrimenti, i problemi sono stati semplicemente anestetizzati e rimandati all'autunno, quando molti imprenditori dovranno pagare il conto più salato.

Il rinvio potrebbe non bastare

A proposito di imprenditori, chi meglio di loro può toccare con mano quanto sta accadendo alle aziende italiane? Le storie si susseguono, una dietro l'altra, con il solito comune denominatore: posticipare i versamenti a settembre potrebbe addirittura non bastare.

Siamo nell'Italia settentrionale, polmone economico del Paese. Fabio, imprenditore bresciano, operativo in diversi settori, dalle materie plastiche all'impiantistica, è convinto che il governo sia obbligato a concedere la proroga. ''Sono obbligati a farlo. Si sono resi conto che la maggior parte delle persone non ha i soldi per poter pagare'', ci ha spiegato, aggiungendo che il rinvio ''è comunque un palliativo perché la situazione è disastrosa''.

Molti imprenditori sostengono che sia necessario qualcosa di più importante che non un semplice rinvio. ''Qui serve una moratoria, non uno spostamento. Le poche aziende che hanno ricevuto i 25mila euro sono messe male. Nell'hinterland bresciano bergamasco le aziende non riescono a decollare'', ha ribadito Fabio. Chi è riuscito a ottenere gli aiuti promessi dal governo, li ha dovuti impiegare per pagare affitti e tamponare spese varie.

''Ci siamo indebitati tutti per pagare le tasse. La ripartenza è durissima, le aziende sono al 30-40%'', ci ha ripetuto più volte l'imprenditore bresciano. E a settembre si prevede già un bagno di sangue. ''Appena libereranno i licenziamenti sarà un disastro – ha concluso Fabio - Ho amici imprenditori che hanno 20, 30, 50 dipendenti. Mi dicono che appena finirà la cassa integrazione saranno costretti a lasciare a casa il 30% di loro. Non hanno lavoro, non entrano ordini, ci sono i pagamenti in sospeso. La situazione è grave''.

Spostandosi nell'Italia centrale, a Pisa, lo scenario è per certi versi identico. Andrea ha un ristorante nella provincia pisana. La sensazione percepita dal mondo della ristorazione è che il governo giallorosso abbia fatto poco o nulla per i titolari di medie e piccole imprese. ''In una regione che vive di turismo come la Toscana ci sono ristoranti che in qualche modo sono ripartiti, altri, quelli abituati a lavorare con gli stranieri, che sono ancora fermi al palo'', ha raccontato Andrea.

I tre mesi di mancato incasso del lockdown pesano come macigni sulle spalle dei ristoratori. ''Sistemare con poche centinaia di euro al mese è impossibile. Rinviare i pagamenti a settembre serve a poco. Per molti di noi è semplicemente una morte più lunga'', fa notare il ristoratore pisano.

Cosa dovrebbe fare l'esecutivo? ''Diminuire totalmente le tasse, magari dimezzarle.

I ristoranti dei centri storici, senza turisti, sono chiusi o lavorano a ritmi ridotti. Questo non lo capiscono. Non serve a niente dare soldi a pioggia. Bisogna creare situazioni affinché la gente possa lavorare''.

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