«Mi devono saldare un conto di 700mila euro e continuano a non pagare, nella mia stessa situazione sono in tanti e se le fatture restano scoperte qui salta mezza regione».
Lo sfogo è di uno dei fornitori della Coopsette, storica cooperativa reggiana da circa 240 milioni di fatturato e fino a pochi anni fa tra i colossi dell'edilizia, di quel mattone rosso a marchio coop che ora rischia di essere demolito. I manager che di mattina dirigevano cantieri e di sera erano nelle sezioni del Pd a fare politica sono stati spazzati via dall'incapacità di cambiare pelle con l'incalzare della crisi anche perché la Legacoop ha cominciato a chiudere i rubinetti dei finanziamenti. Nata nel 1977 dalla fusione di diverse cooperative del Reggiano, 600 dipendenti e un portafoglio commesse da 1,1 miliardi di euro, era già uscita in bonis da una procedura concorsuale nel 2013, arrivando ad accordi con i creditori attraverso la ristrutturazione del debito. Ma nel 2015 la situazione è tornata difficile: in autunno è finita in liquidazione coatta amministrativa e il 20 febbraio scorso è stata dichiarata insolvente dal tribunale di Reggio Emilia. Schiacciata da 800 milioni di euro di debiti.
Nei giorni scorsi un barlume di speranza per i soci è arrivato dalla cessione di due rami di azienda alla Margaritelli ferroviaria spa che ha consentito di salvare un centinaio di lavoratori. Restano col fiato sospeso, invece, gli altri quattrocento lavoratori della coop di Castelnovo Sotto che non sono finiti nel gruppo. Senza contare i 20 milioni di euro di crediti vantati da lavoratori o ex addetti: 10 milioni di prestito sociale congelato e ben 8 milioni di arretrati. Se cadono le coop, va giù tutta l'economia locale e non solo in termini di indotto: a luglio il ritardo nei pagamento dell'Imu da parte di Coopsette a favore del Comune di Campegine, aveva creato un buco di 180mila euro su un bilancio di 290mila euro e il sindaco aveva dovuto aumentare l'Irpef ai cittadini per salvare le casse. Il caso di CoopSette si aggiunge al declino di altri ex giganti del settore come la Coop Costruzioni, in liquidazione e con 324 lavoratori in cassa integrazione straordinaria per un anno, ottenuta a dicembre grazie a una sorta di deroga al jobs act firmata al ministero del Lavoro (guidato dall'ex capo di Legacoop, Giuliano Poletti). Ma a rischiare il posto sono anche gli operai dei fornitori che, intanto, si sono riuniti in un comitato e hanno fatto due conti: tutti insieme devono avere dalla coop la bellezza di 6,2 milioni di euro.
Resistono, invece, il settore agroalimentare e quello della grande distribuzione dove i tre colossi Adriatica, Estense e Nordest hanno unito di recente le forze per dare vita al moloch
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