La “CoronaPizza” mostrata da Canal+ in Francia, con uno spot poi ritirato con tanto di scuse al nostro paese per via delle polemiche innescate, non è stato un episodio isolato.
Al contrario, questo tipo di pubblicità ha svelato la considerazione attualmente data al “made in Italy”, visto in chiave negativa in tutto il mondo e specchio della nomina oramai consolidata dell’Italia quale “paese untore” del coronavirus.
E questo non fa altro che aggiungere problemi alla già grave crisi innescata dalle strette applicate per contenere il contagio del covid-19. Non solo dunque un’economia ferma ed un paese entrato, quasi da un giorno all’altro, in una vera e propria battaglia contro il virus. Il made in Italy, specie in ambito agroalimentare, sta soffrendo e non poco anche per la cattiva pubblicità all’estero innescata dall’epidemia.
In Francia, come detto ad inizio articolo, è stato lo spot sul cameriere che infettava con uno starnuto una pizza a mettere in ulteriore cattiva luce il nostro cibo e soprattutto a metterlo, in modo inopportuno, in relazione all’attuale emergenza coronavirus. Ma anche in altri paesi, e non solo europei, i nostri prodotti stanno subendo la scure derivante dalla nomina dell’Italia quale paese untore.
Alcune nostre merci, in particolare, vengono bloccate alla frontiera. È stato il caso nei giorni scorsi delle mele esportate in Ucraina, mai arrivate a destinazione. In Grecia invece gli importatori di formaggio, prima di procedere all’immissione sul mercato del prodotto, hanno chiesto il bollino “virus free”. Lo stesso discorso è accaduto con gli importatori di insalata in Polonia: niente ingresso della merce italiana nel paese se prima non viene certificato che i prodotti non contengano insidie legate all’epidemia. Persino il Kuwait ha iniziato a richiedere specifiche rassicurazioni in merito.
Per la nostra filiera agroalimentare questo rischia di essere un vero e proprio disastro. Ed a nulla al momento sembrano valere gli annunci di molti virologi, i quali escluderebbero in via di massima la trasmissione del coronavirus grazie agli alimenti, così come non ha prodotto alcun effetto il rammentare all’estero che, anche prima dell’epidemia, i nostri cibi sono sempre stati sottoposti a rigidi controlli.
La Coldiretti sta provando a correre ai ripari, lanciando campagne a favore del consumo di nostri prodotti. Un modo per far recuperare alle aziende che si vedono sbarrate le porte dei mercati esteri un po’ delle perdite di queste settimane. E, al contempo, provare a rilanciare la filiera ed evitare ulteriori disastri economici. Ma la situazione appare molto grave: anche se l’epidemia è adesso una pandemia, coinvolgendo dunque i cinque continenti, l’Italia rimane nell’immaginario collettivo internazionale come un paese untore. E questo, a lungo termine, rischia di causare più danni del covid-19.
Anche perché, ed è questa l’ulteriore preoccupazione degli addetti ai lavori, con il diminuire delle esportazioni dei prodotti italiani potrebbe crescere il mercato
delle imitazioni del made in Italy. Merci cioè spacciate per italiane ma provenienti da altri paesi e per nulla conformi ai prodotti originali. Una beffa nella beffa quindi, che rischia sempre di più di mettere in ginocchio la nostra economia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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