A causa dei contratti su derivati ristrutturati all’apice della crisi dell’Eurozona l’Italia rischia perdite per miliardi di euro. L'allarme lanciato dal Financial Times in base a dati contenuti in un rapporto confidenziale del Tesoro rimbalza su Piazza Affari con risvolti preoccupanti. Dal ministero del Tesoro, però, sono subito piovute le prime rassicurazioni: "Non esiste alcun pericolo per i conti dello Stato".
Nel rapporto di 29 pagine pubblicato dal Financial Times, non vengono dettagliate le potenziali perdite sui derivati ristrutturati, ma analisti indipendenti consultati dal quotidiano inglese hanno valutato il possibile danno a 8 miliardi di euro. La ristrutturazione dei contratti avrebbe permesso all’Italia di ratealizzare i rimborsi alle banche, pagando su un periodo più lungo. Una redistribuzione che non sempre è risultata vantaggiosa, scrive il quotidiano economico. Nel rapporto non vengono citate banche in particolare né vengono forniti dettagli sui contratti originali, ma secondo gli analisti sono stati stipulati a fine anni Novanta, "prima e subito dopo l’ingresso dell’Italia nell’Eurozona". Ai microfoni di RadioAnch’io il presidente dell’Abi Antonio Patuelli ha subito chiarito che che negli ultimi quindici anni non sono mai apparsi nei bilanci elementi sui derivati: "Non vorrei che ora sui mercati finanziari ci fosse un’ondata di sfiducia verso l’Italia, senza che prima venisse verificato davvero che cosa è successo". Il Tesoro ha, infatti, fornito ogni sei mesi alla Corte dei Conti la documentazione relativa alle operazioni condotte in strumenti di finanza derivata. La Corte dei Conti nel mese di marzo 2013, tramite la Guardia di Finanza, ha chiesto la documentazione inerente alla sola attività di chiusura di un gruppo consistente di operazioni con Morgan Stanley. A fronte di tale richiesta, il Tesoro ha fornito tutta la documentazione richiesta, secondo tempi concordati con le Fiamme Gialle, per ciascuna operazione, inclusi i contratti pregressi dai quali ciascuna operazione ha avuto origine corredata da una circostanziata relazione esplicativa. "La filosofia di fondo dell’operatività in derivati della Repubblica - ha spiegato il Tesoro - si basa su criteri ispirati al perseguimento dell’interesse dello Stato, mirando alla protezione dai rischi di mercato, primi fra tutti il rischio di cambio e il rischio di tasso di interesse". Con riferimento in particolare a quest’ultimo, il dicastero di via XX ha assicurato che "l’attività in derivati è stata mirata a conseguire l’allungamento della duration complessiva del debito" al fine di "proteggere da un eventuale rialzo dei tassi, pagando tasso fisso e ricevendo variabile".
Le rassicurazioni date dal Tesoro non convincono la politica. La preoccupazione di un buco da 8 miliardi è davvero forte. Proprio per questo, il presidente della commissione Finanze Daniele Capezzone ha invitato il governo a fare chiarezza: "Tanti Governi, non solo in Italia, hanno operato in questo modo, con i rischi del caso: e nessun governante può sentirsi esentato da un dovere di totale trasparenza e accountability verso i cittadini" . Secondo Capezzone, bisogna poi interrogarsi sul timing e sulle modalità con cui questa notizia è esplosa. Ad ogni modo è necessaria un’operazione verità non solo per lo Stato italiano, ma per tutti i Paesi, e ovviamente anche per tutte le maggiori istituzioni bancarie e finanziarie.
"Cosa hanno davvero 'in pancia'? - ha chiesto l'esponente del Pdl - se però i riflettori si accendono solo sull’Italia, sorge qualche dubbio...".La procura di Roma ha aperto un'inchiesta sul contenuto degli articoli di Financial Times e Repubblica. Al momento non ci sono indagati e ipotesi di reato.
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