In questi giorni il governo giallorosso è alle prese con la grana della Banca Popolare di Bari (Bpb), commissariata da Bankitalia e alle prese con un buco di oltre 73 milioni di euro.
Cerchiamo di capire cos’è successo alla Bpb e come ha fatto a ritrovarsi in questa scomoda situazione, seguendo la ricostruzione offerta dalla citata Bankitalia. Partiamo dal 2010, quando l’istituto viene assoggettato ad accertamenti ispettivi, i quali partoriscono una valutazione “parzialmente sfavorevole”. Dalle verifiche emergono sia carenze organizzative che nei controlli interni sul credito. È per questo motivo che la Banca d’Italia vieta alla banca di espandere la propria attività e le impone un requisito patrimoniale specifico.
Negli anni successivi si sono susseguiti vari controlli mirati sul rischio di credito ma anche sulla governance aziendale e sul sistema dei controlli interni. Cosa emerge? Esattamente quanto riscontrato durante la precedenze ispezione del 2010. In più c’è da fare i conti con alcune “aree di debolezza”, che per essere superate richiedono l’approvazione da parte della banca di un apposito piano di iniziative di rimedio. La Vigilanza chiede alla funzione di Internal Audit e al Collegio Sindacale di verificare l’efficacia di questo piano. Fumata bianca: piano idoneo, si può procedere.
È così che nel giugno 2014 vengono rimossi i provvedimenti restrittivi (ovvero l’espansione dell’attività e il requisito patrimoniale specifico), mentre un mese più tardi la Banca d’Italia autorizza la Bpb ad acquisire il controllo di Banca Tercas in quello che si configura un vero e proprio intervento di “salvataggio”. Dal momento che il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (Fitd) mette sul piatto un contributo di 330 milioni di euro per accompagnare l’intervento della Banca Popolare di Bari, nella primavera del 2015 la Commissione Europea inizia a contestare quanto avvenuto, parlando di presunti aiuti di Stato.
Ma andiamo avanti, perché nel biennio 2014-2015 la banca rafforza il proprio patrimonio con 550 milioni di euro, tra emissioni di nuove azioni e collocamento di obbligazioni subordinate. Arriviamo al giugno 2016 e la Banca d’Italia avvia nuovi accertamenti ispettivi “mirati ai profili di adeguatezza patrimoniale e del credito, che si concludono nel novembre 2016 con un giudizio 'parzialmente sfavorevole'. L’ispezione evidenzia una serie di criticità, tra cui “significativi ritardi nella realizzazione delle misure di rafforzamento dei mezzi propri rispetto agli obiettivi prefissati” ed “esigenze di rafforzamento nel sistema dei controlli sui crediti”. Come se non bastasse emerge che “l'azione di indirizzo e controllo dell'Organo amministrativo e dell'Esecutivo della Capogruppo non è stata pienamente adeguata ad affrontare le accresciute complessità derivanti”. A dicembre dello stesso anno viene sospesa l’attuazione della riforma delle banche popolari, e quindi si interrompe il processo di trasformazione della Bpb in società per azioni.
Tra inadeguatezza e stallo gestionale
In questo modo manca una condizione importante “per raccogliere capitale di rischio, dato che la raccolta di mezzi patrimoniali sul mercato è ostacolata dallo status di società cooperativa e dal principio del voto capitario”, spiega la Bankitalia. Nel marzo 2017 la Vigilanza sottolinea in una lettera contestuale che la “Bpb ha bisogno di un rafforzamento patrimoniale e della governance con l'ingresso di elementi con specifiche competenze in materia bancaria e finanziaria”. Nel 2018 il processo di trasformazione societaria, che nel frattempo aveva ripreso il via, prosegue a fasi alterne. Il problema è che la situazione aziendale subisce un deterioramento. Nel primo semestre si registra una perdita consolidata di circa 140 milioni di euro, mentre i coefficienti patrimoniali diminuiscono al di sotto dei target fissati dalla stessa Vigilanza.
Una lettera della Banca d’Italia datata novembre 2018 avvisa la Bpb che il percorso di ristrutturazione aziendale è inadeguato. Intanto il portafoglio creditizio continua a peggiorare e l’esercizio 2018 termina con una perdita di 430 milioni di euro. Il 2019 si apre con vari conflitti interni, in particolare tra il presidente dell’organo amministrativo e l’amministratore delegato. Questo provoca uno stallo gestionale che aggrava la situazione.
Nel giugno 2019 vengono avviati altri accertamenti, i quali sottolineano “l'incapacità della nuova governance di adottare con sufficiente celerità ed efficacia le misure correttive necessarie per superare la stasi operativa e riequilibrare la situazione reddituale e patrimoniale della Bpb”.Arriviamo quindi ai giorni nostri, con un ulteriore aggravamento della situazione aziendale che viene portato all’attenzione anche del ministro dell’Economia e delle Finanze. Il resto è storia recente.
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