La Bce ha immesso ben 94 miliardi di euro nelle casse delle banche italiane. Eppure ben poco di quella liquidità è stata usata per far ripartire l'economia, come sperava - e quasi imponeva - l'istituzione guidata da Mario Draghi.
È quello che sostiene la Cgia di Mestre, secondo cui i prestiti alle imprese sono addirittura scesi di 13,2 miliardi di euro. "Se le famiglie hanno visto aumentare gli impieghi di 3,4 miliardi, le imprese, invece, hanno registrato una contrazione degli impieghi di 13,2 miliardi di euro", spiega l'associazione di artigiani, "In termini complessivi gli italiani hanno visto ulteriormente scendere l’ammontare dei prestiti erogati dalle banche di ben 9,8 miliardi".
"In buona sostanza nonostante le iniezioni di liquidità messe sul mercato dalla Bce i soldi arrivano alle famiglie con il contagocce, mentre il rubinetto del credito alle imprese continua a rimanere chiuso", afferma il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi. Attravero le operazioni Tltro, infatti, le banche europee possono chiedere finanziamenti alla Bce con l'obbligo di orientare i soldi ottenuti all’economia reale (imprese e famiglie). E nelle prime tre aste Tltro (settembre 2014, dicembre 2014 e marzo 2015) le principali banche italiane hanno ottenuto appunto circa 94 miliardi di euro.
A questo punto per le imprese non resta che sperare nel Quantitative easing: "Con il Qe dal marzo di quest’anno la Bce si è impegnata ad acquistare titoli pubblici e privati per un ammontare di 60 miliardi di euro al mese. Complessivamente, la Banca centrale dovrebbe erogare fino al settembre del 2016 più di 1.000 miliardi di euro. Di questi, sostengono alcune importanti società finanziare europee, 150 miliardi di euro circa dovrebbero interessare l’Italia L’obiettivo è ridare liquidità al nostro sistema economico che negli ultimi tre anni ha subito una contrazione nell’erogazione del credito del 9,2% che, in valore assoluto, corrisponde a una riduzione dei prestiti pari a quasi 91 miliardi di euro".
Eppure con la crescita dei rischi legati all’aumento delle sofferenze bancarie gli istituti di credito italiani hanno deciso di ridurre i prestiti alle attività economiche, privilegiando gli investimenti in Bot, Btp, Cct e Ctz. "A seguito di questi copiosi investimenti nei titoli di Stato ci siamo riappropriati del nostro debito pubblico, che nel 2011 era per il 44% nelle mani degli investitori stranieri", spiega Bertolussi, ricordando che oggi tale quota è scesa al 34%, "Certo, con più investimenti in titoli di Stato e meno impieghi all’economia reale, non sono state poche le imprese che hanno chiuso i battenti. Pertanto, è necessario cambiare rotta.
Tuttavia, se da un lato siamo diventati un Paese meno a rischio, non va nemmeno dimenticato che l’acquisto di Bot, Cct e Btp ha consentito alle nostre banche di aumentare il proprio livello di patrimonializzazione, così come richiesto dagli accordi di Basilea".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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