
I dazi bussano due volte. Per i produttori stranieri che producono in Cina spunta la doppia stangata se allo stesso tempo vanno a importare dagli Stati Uniti materie prime o componenti da assemblare in prodotti che poi vengono esportati. Questo fa sì che da un lato si trovano a pagare le tariffe del 145% per esportare i beni negli Stati Uniti e dall'altro le contro-tariffe al 125% decise da Pechino per quanto concerne le componenti importate nella direttrice opposta.
Realtà quali Apple e Tesla, così come tanti piccoli produttori, si trovano nella condizione di dover pagare i dazi due volte sulle stesse merci. Si tratta di casi non isolati in quanto le aziende internazionali e le joint venture rappresentano quasi un terzo del commercio cinese. Per la precisione l'anno scorso, stando ai calcoli fatti dal Financial Times sulla base dei dati delle dogane cinesi, le società totalmente o parzialmente straniera presenti sotto la Grande Muraglia hanno rappresentato 980 miliardi di dollari di esportazioni cinesi, più di un quarto del totale, e 820 miliardi di importazioni, più di un terzo.
Intanto, a fare scalpore negli States è il nuovo listino prezzi di Shein che ha riversato di fatto sui consumatori buona parte degli extra costi legati ai dazi. Il gigante cinese del fast fashion online ha alzato i prezzi in un range che va dall'8% al 377% a seconda della categoria dei prodotti. Secondo i dati raccolti da Bloomberg, il prezzo medio dei 100 prodotti più venduti nella categoria bellezza e salute è aumentato del 51% dallo scorso 25 aprile, con diversi articoli che hanno più che raddoppiato il loro prezzo. Per i prodotti per la casa, la cucina e i giocattoli, l'aumento medio è di oltre il 30% con il picco di +377% del prezzo di un set da 10 pezzi di strofinacci da cucina. In media, i prezzi di Shein negli Stati Uniti sono aumentati del 10% circa sulla base di un carrello campione composto da 50 articoli. Shein, insieme a Temu, aveva visto a marzo e a inizio aprile un'impennata delle vendite in virtù della corsa dei consumatori Usa ad anticipare l'imminente stangata sui prezzi.
Continua nel frattempo il ping-pong circa l'effettivo avvio dei negoziati tra le due superpotenze. Da Pechino bocche cucite, mentre il Segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent non ha confermato il colloquio tra Trump e Xi Jinping, spiegando che durante le interazioni avute con le sue controparti cinesi durante le riunioni del Fondo monetario internazionale non si è discusso della situazione di stallo sui dazi. Bessent spinge per un accordo di de-esclation, per il quale a suo avviso potrebbero volerci mesi, e manda un messaggio ai cinesi: «Credo che capiranno da soli che questi livelli delle tariffe sono insostenibili per il loro modello di business».
Ha professato più ottimismo la segretaria all'Agricoltura Brooke Rollins che ha parlato di colloqui quotidiani con il Dragone sui dazi. «Ogni giorno dialoghiamo con la Cina, insieme agli altri 99-100 paesi che si sono seduti al tavolo delle trattative», ha detto l'esponente dell'Amministrazione Trump.
Intanto il presidente statunitense ha annunciato la possibilità di una riduzione o eliminazione delle imposte sul reddito per le persone che guadagnano fino a 200mila dollari all'anno quando entreranno in vigore i dazi.
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