"Difesa l'autonomia di Pirelli", Per i cinesi ricorso improbabile

Alla base del Golden Power la tutela decisionale di aziende nazionali. Sancito un principio politico, inappellabile

"Difesa l'autonomia di Pirelli", Per i cinesi ricorso improbabile
00:00 00:00

Il passaggio chiave delle 15 pagine del Dpcm con il quale il governo ha applicato il Golden Power alla Pirelli sta nelle premesse. Quando è messo nero su bianco che le prescrizioni hanno lo scopo di introdurre misure a tutela dell'autonomia della Pirelli, del suo management e degli asset strategici «tra cui le informazioni e i dati in possesso dell'azienda». Parliamo di una società il cui primo socio è il gruppo pubblico cinese Sinochem, con il 37%, mentre il blocco storico di azionisti italiani, Camfin, detiene il 14%.

Derivano due ordini di disposizioni: quelle più scontate di natura tecnica, a difesa dei prodotti e dei processi, rese pubbliche fin da venerdì sera da Palazzo Chigi; e quelle in realtà più rilevanti che riguardano la governance, sulle quali dall'unica comunicazione fornita finora non è possibile capire la portata piena del provvedimento. In proposito, è prevista una comunicazione al mercato prima dell'apertura della Borsa di domani.

Il punto decisivo è quello in cui il Dpcm prevede che Camfin (i soci italiani di Pirelli guidati dal ceo Marco Tronchetti Provera) possa nominare non più tre consiglieri, come è scritto nel patto parasociale con i cinesi rinnovato lo scorso anno, bensì quattro, e tra questi lo stesso ceo. È dunque sancito il principio che l'amministratore delegato è designato da Camfin. E ciò resterà così fino all'eventuale prossima notifica ai fini del Golden Power. È un passaggio fondamentale perché ribalta gli equilibri stabiliti dal nuovo patto (la cui imminente entrata in vigore ha generato la notifica ai fini del Golden Power), che attribuivano a Sinochem nove consiglieri tra i quali scegliere il capo azienda. Sinochem scende dunque a quota otto.

E da qui discende il successivo e determinante passaggio del provvedimento. E cioè il principio della centralità italiana nella definizione degli assetti organizzativi e gestionali: per ogni delibera strategica è richiesta la maggioranza qualificata di 4/5 del cda, vale a dire 12 (sui 15 membri totali). Quindi gli otto cinesi, anche insieme con i tre consiglieri indipendenti, non possono assumere alcuna delibera strategica senza il voto di almeno uno dei quattro della lista Camfin. In altri termini, gli italiani acquisiscono il diritto di veto quasi su tutto, su ogni decisione che riguardi le strategie e gli assetti dei manager apicali: questi potranno essere nominati su proposta del ceo e revocati solo con maggioranza qualificata. Il Golden Power modifica quindi sostanzialmente la governance della società, pur senza toccare il patto, che automaticamente si adegua. E questo fino a quando un nuovo patto o altre modifiche all'assetto proprietario non richiedano una nuova notifica al governo italiano.

Quali sono le reazioni delle parti alla decisione del Consiglio dei ministri? No comment da entrambe le parti. Si può però dire che Pirelli puntava su un provvedimento più drastico. Ma il governo ha scelto di non entrare a gamba tesa sul capitale della società, congelando quote di voto e ordinando la cessione: sarebbe stata una decisione politicamente aggressiva verso un Paese che resta partner strategico. Tuttavia Pirelli ottiene la sostanza di quanto le stava a cuore: l'autonomia, per l'appunto. E da qui Tronchetti può ripartire verso strade alternative. Per esempio quella di convincere il socio cinese a fare prossimi passi indietro di fronte all'interesse - tutto da costruire - di un nuovo blocco bancario e industriale italiano.

In questo senso bisognerà capire anche la reazione di Pechino, che giudizio verrà dato alla scelta del governo italiano. Sullo sfondo esiste anche la possibilità di un ricorso a Tar e Consiglio di Stato. Possibilità considerata però remota soprattutto per la natura del Golden Power, che appare a tutti gli effetti un indirizzo politico attraverso il quale si è sancito il principio che con le aziende italiane non si può fare il bello e il cattivo tempo. Ci sono regole che riguardano un interesse superiore a quello del mercato, un interesse nazionale.

Esiste inoltre il precedente del Golden Power che il governo Draghi ha applicato sempre al gruppo Sinochem, quando il colosso agrochimico cinese Syngenta aveva vinto l'asta offrendo 200 milioni per la società romagnola Verisen messa in vendita da un fondo Usa. Operazione bloccata e ricorso respinto dai tribunali amministrativi. Una sorta di pietra tombale sulla praticabilità dei ricorsi contro il Golden Power.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica