Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, a tutto campo sui temi bollenti automotive: elettriche sì, elettriche no; l'asse con Francia e Germania; la concorrenza sleale cinese; il tavolo Stellantis; gli ecobonus da rivedere. Un incontro concomitante ai mille dubbi che cominciano ad assalire politici e top manager del settore sulla bontà del piano Ue che prevede, dal 2035, il «tutto elettrico». L'eurocommissario Thierry Breton, per esempio, ha giudicato «troppo alti i costi di produzione» e rilevato come «una quota importante di europei non si potrà permettere un'auto elettrica».
Ministro Urso, con l'uscita di scena del vicepresidente Ue, Frans Timmermans, promotore di questa complessa rivoluzione verso l'elettrico, si è indebolita la posizione ideologica di Bruxelles?
«Già negli ultimi dossier affrontati nelle varie sedi Ue è cresciuto l'asse di coloro che, come l'Italia, riteneva questa politica ideologica assolutamente contraria agli interessi industriali e occupazionali della stessa Unione».
Di conseguenza?
«Gli ultimi dossier sono passati per un soffio con una opposizione che via via sta diventando maggioranza. E tanto più lo sarà con le elezioni del 2024 quando è verosimile che nell'Europarlamento le forze contrarie a questa visione ideologica saranno ben più rappresentative. L'Italia si è imposta e tanti altri Paesi ora condividono ciò che noi, per primi, avevamo subito affermato».
Come vede il futuro?
«Bisogna mantenere la possibilità, per un certo periodo, di produrre e vendere auto e-fuels, ma anche bio-fuels, e qui Eni sta facendo passi da gigante. E ciò in attesa che l'elettrico diventi più efficiente e accessibile».
Avete avviato un tavolo con Stellantis con l'obiettivo preciso di far crescere la produzione in Italia.
«Ritengo sia sempre più sostenibile il nostro progetto per far sì che aumentino gli investimenti in ricerca, modelli innovativi, anche elettrici, allo scopo di aumentare rapidamente la produzione, tutelando la filiera italiana con i suoi forti livelli occupazionali e orgoglio del Made in Italy».
Quando prevede l'intesa con Stellantis?
«Si stanno definendo gli ultimi aspetti del piano da sottoscrivere; mi auguro entro il mese, per dare subito avvio a quel tavolo Stellantis in cui sarà possibile definire l'accordo di sviluppo tra governo e azienda, con la partecipazione dei sindacati, di Anfia e delle Regioni che ospitano gli impianti del gruppo. C'è una tendenza da invertire: da 20 anni la produzione di veicoli in Italia si è notevolmente ridotta. Sono ottimista».
Anche gli altri Paesi, dove si trovano le fabbriche del gruppo, stanno premendo per avere più modelli.
«Questo accordo di sviluppo avrebbe dovuto farlo il governo testimone della nascita di Stellantis. Oggi si fa quello che si sarebbe dovuto dare qualche anno fa, ma che altri governi hanno già attuato. Con il collega francese, il ministro Bruno Le Maire, c'è sintonia nel voler convincere l'Ue sulla necessità di tutelare l'industria europea».
Con quali azioni?
«Per esempio, abbiamo siglato con altri sette Paesi, tra cui la Francia, una lettera sull'Euro 7 che, come è stato concepito dalla Commissione, è irrealizzabile e non sarà mai realizzato, soprattutto dopo le dimissioni di Timmermans. La sua delega è stata assegnata ad altri commissari che credo abbiano una visione meno ideologica».
Intanto i cinesi...
«Mi aspetto che arrivi, a breve, una misura commerciale a tutela delle imprese, del lavoro e degli standard ambientali verso chi non risponde alle stesse dinamiche e fa concorrenza sleale».
I rapporti di forza nell'Ue?
«Con Le Maire mi sento spesso, ma anche con il tedesco Robert Habeck. Italia, Francia e Germania sono i Paesi big dell'auto nell'Ue».
In Italia si attende la razionalizzazione degli ecobonus, affinché siano resi più funzionali.
«La rimodulazione avverrà entro l'anno, proprio per sostenere la produzione italiana. È tra i temi dei tavoli in corso».
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