Doppia esenzione Imu per i coniugi: ecco come velocizzare i rimborsi

Esenzione Imu prima casa e richieste di rimborso: il cittadino dovrà dimostrare di risiedere e di dimorare abitualmente nell'immobile in esame

Doppia esenzione Imu per i coniugi: ecco come velocizzare i rimborsi

Con la sentenza 209 del 13 ottobre 2022, la Corte Costituzionale ha stabilito che le coppie sposate o riconosciute tramite unione civile potranno usufruire dell'esenzione Imu prima casa pur risiedendo in abitazioni diverse e anche nel caso in cui queste si trovino nel medesimo comune. Un doppio beneficio, dunque, esattamente come accade per i conviventi non congiunti da vincoli legali che risultino proprietari di due distinti immobili.

Tale sentenza, comunque, ha convalidato l'obbligo di pagare l'Imu per chi dichiara la residenza in una casa ma non ne certifichi la dimora effettiva. Si può parlare di "abitazione principale" ai fini di esenzione Imu nel caso in cui almeno il proprietario vi dimori e vi risieda, anche senza i restanti membri del nucleo familiare. Ciò che può servire per documentare la buona fede di una richiesta di esenzione o di rimborso per il pagamento di Imu non dovuta possono essere ad esempio le bollette delle utenze (gas, energia elettrica o acqua) o la certificazione della scelta del proprio medico di base: tutte informazioni che contribuiscono a comprovare che non si tratti di una "dimora" fittizia. Informazioni che andranno acquisite e trasmesse dal richiedente, che dovrà farsi carico di esse per dimostrare nell'istanza di esenzione di possedere i requisiti per essere sollevato dall'obbligo di pagamento.

Non solo esenzione

I contribuenti rientranti in tali parametri che fino ad oggi hanno pagato la tassa sulla prima casa potranno inoltre presentare istanza di rimborso. La domanda deve essere inoltrata entro 5 anni a partire da quando è stato eseguito il versamento, o da quando è emerso il diritto alla restituzione. Nel caso in cui le richieste non vengano accolte e si pensi di avere diritto al risarcimento, sarà possibile rivolgersi a un giudice tributario. Trascorsi i termini di decadenza, vale a dire i 5 anni, si perderanno tutte le coperture, come spiegato nello specifico dalla stessa Cassazione.

La nuova norma ha un effetto retroattivo e può essere applicata in casi in cui vi sia un contenzioso pendente, ma solo in determinate circostanze. Qualora il Comune abbia già inviato un avviso di accertamento, nel corso di una delle numerose campagne di riscossione finalizzate proprio all'individuazione di coniugi con diversa residenza, e il cittadino abbia già pagato, non vi sarà più alcuna possibilità di chiedere il rimborso. Non ci si potrà appellare quindi alla nuova norma qualora l'accertamento dell'ente impositore sia divenuto definitivo o sia stata emanata una sentenza passata in giudicato. Stesso destino previsto per colui che ha deciso di non pagare ma ha lasciato trascorrere i 60 giorni previsti per l'impugnazione. Idem nel caso in cui il comune respinga la domanda di esenzione/rimborso: il provvedimento di diniego potrà essere impugnato dinanzi al giudice tributario entro e non oltre i 60 giorni dall'invio della notifica.

Ciò che è certo è che ora ai Comuni non basterà più semplicemente contestare una doppia residenza per avviare una pratica di riscossione, come accaduto fino alla sentenza della

Cassazione. L'unico modo per individuare residenze fittizie sarà quello di utilizzare risorse economiche per attivare controlli più capillari e specifici verificando anche la banca dati dei consumi reali.

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