In Italia la crisi non è l'unico nemico di chi voglia fare impresa. Ben più temibile è l'ottusità di una burocrazia degna di un paese dell'ex Unione Sovietica. Il Corriere Veneto di ieri ne ha dato l'ennesima prova. Un lucernaio di 80 centimetri più alto rispetto al progetto originario potrebbe mandare a casa 70 dipendenti.
Tutto è iniziato con la procedura di fallimento della Lorenzon Techmec System, un'azienda di Noventa di Piave specializzata in grandi interventi in alluminio e vetro. L'azienda veneta, coinvolta nella realizzazione del ponte di Calatrava a Venezia, già dissestata dalla crisi, ha ricevuto il colpo di grazia proprio per la manutenzione non prevista dell'opera, su cui ha indagato anche la Corte dei Conti.
Già con i libri contabili in tribunale, l'impresa viene salvata dal gruppo friulano Simeon che la incorpora nella Tecnocovering. Operazione che salva il posto di lavoro dei 70 dipendenti e 45 milioni di euro di commesse già ottenute, come la torre F del ministero della difesa a Parigi, la torre Telecom Marocco a Rabat e un campus universitario a Nizza. L'azienda si salva e torna a viaggiare con 20 milioni di euro di fatturato annuo. Un lieto fine in un periodo che ne vede pochi.
E invece no. La Tecnocovering ha spostato la sua sede nell'edificio dell'azienda fallita, regolarmente ceduto dal tribunale. Una costruzione perfettamente in regola se si eccettua un lucernaio nel vano scale che supera di 80 cm l'altezza consentita nel progetto originario. Tanto basta ai tecnici del comune per dare il via alla solita trafila conclusa con un'ordinanza di demolizione, in barba agli ingegneri della Simeon che chiedono di convertire la struttura in un vano tecnico.
Trascorsi i 90 giorni dall'ingiunzione, arrivata ad aprile dell'anno scorso, è arrivata tempestivamente alla Procura di Venezia la comunicazione per l'interruzione delle utenze di acqua, luce e gas. Prova che quando si tratta di ostacolare il lavoro delle imprese anche la burocrazia italiana scopre per incanto il valore della velocità.
Non ha peli sulla lingua Marco Simeon, presidente dell'omonimo gruppo: "È chiaro che dovremo chiudere, rimetterò la mia gente per strada.
Abbiamo salvato un'azienda, portiamo ricchezza e paghiamo le tasse su questo territorio. Invece veniamo trattati come banditi e minacciano di denunciarci, di farci chiudere. Per un lucernaio. Per una abuso che non abbiamo fatto noi, in un edificio vendutoci dal Tribunale".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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