
I cugini francesi del lusso Hermès e Lvmh sono in allarme e alzano le barricate con una doppia mossa su prezzi e produzione che di fatto si piega ai dazi Usa. In particolare, il presidente di Lvmh, Bernard Arnault durante l'assemblea generale che si è tenuta al Carrousel du Louvre, spaventato dopo la pessima trimestrale, ha avvertito che il colosso del lusso sarà «obbligatoriamente condotto ad aumentare le produzioni americane» se i negoziati tra Ue e Usa sui dazi dovessero condurre ad una situazione svantaggiosa per i prodotti europei. Diretto l'attacco a Bruxelles. «Se ci ritroviamo con dazi elevati (il gruppo realizza il 25% delle vendite negli Stati Uniti sul fronte moda e il 34% per quello dei vini e liquori), saremo spinti a rivedere le produzioni e non bisognerà dire che la colpa è delle aziende. Sarà colpa di Bruxelles se questo dovesse accadere». Lvmh contava molto sul mercato americano per compensare il rallentamento delle vendite in Cina, ma i dazi sono arrivati a sparigliare le carte, mandando in tilt le previsioni finanziarie. Il gruppo intanto ieri ha nominato lo stilista Jonathan Anderson come direttore artistico delle collezioni di moda maschile di Dior chiarendo, in parallelo, che la modifica allo statuto del gruppo che armonizza i limiti di età del presidente del cda e dell'ad, portandoli a 85 anni, non escludono «l'esistenza di piani di successione». Finora Bernard Arnault non ha nominato un successore, ma i suoi cinque figli lavorano tutti per il gruppo e quattro di loro fanno parte del consiglio di amministrazione.
E se Lvmh per ora si lamenta, Hermès che le ha appena scippato il primo posto per capitalizzazione a livello mondiale corre ai ripari e annuncia dal primo maggio un aumento di prezzi dei suoi prodotti in Usa sulla falsa riga di altre aziende del lusso, Ferrari per esempio. Facendo leva sul proprio potere di determinazione dei prezzi in quanto marchio di lusso tra i più esclusivi al mondo, Hermès intende aggiungere un sovrapprezzo su tutti i prodotti venduti negli Stati Uniti, in aggiunta agli abituali adeguamenti dei prezzi, che quest'anno sono stati intorno al 6-7 percento.
La fotografia del gruppo delle Birkin e delle Kelly è però distante da quella di Lvmh.
I numeri trimestrali hanno registrato un fatturato consolidato a 4,1 miliardi, in aumento del 9% ai tassi di cambio correnti e del 7% a tassi costanti. E tutte le aree geografiche hanno registrato una crescita.
Il titolo ha perso in Borsa oltre il 3% ma più che altro per la prudenza del management che rimane fiducioso sugli sviluppi del 2025, ma cauto su dazi e valute.
«Siamo naturalmente cauti per quanto riguarda gli Stati Uniti, considerate le discussioni in corso e l'incertezza geopolitica che, come sapete, hanno causato una grande volatilità sui mercati finanziari», ha detto il vicepresidente esecutivo di Hermès, Éric du Halgouët.
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