Chiedere aiuto è un atto nobile, un segno di umiltà. Tuttavia, quando è reiterato dallo stesso soggetto sbiadisce il tratto della genuinità. Questo è il pensiero che mi è venuto dopo aver letto il resoconto dell'audizione a Montecitorio di Carlo Tavares, ad di Stellantis. Per l'occasione, anziché presentare alla politica riunita e giustamente preoccupata un piano di rilancio industriale serio e credibile con investimenti, modelli e garanzie sul terreno della produzione e occupazionale, il manager ha battuto cassa. Ha chiesto aiuti.
Nella forma abbondantemente conosciuta, fin dai tempi della Fiat, degli incentivi. Insomma, siamo alle solite. Come si dice: il lupo perde il pelo ma non il vizio. Ancora una volta il decisore pubblico dovrebbe intervenire per ovviare al discutibile modo di fare impresa dell'azienda automobilistica. Il settore dell'automotive è in sofferenza in tutta Europa, ma quello di Stellantis è un vero tracollo. Negli ultimi sei mesi ha perso il 52% del suo valore in Borsa. Il cda del gruppo ha dato a Tavares ufficialmente benservito (via dal 1016) e lui chissà, forse per bere il calice amaro fino in fondo, ha messo in pratica una mossa strategica che da quelle parti storicamente conoscono assai bene: chiedere aiuti di Stato. Adesso per incentivare la vendita delle auto elettriche che, a suo dire, non si vendono perché costano troppo. La chiusa è stata un vero capolavoro: «Sono soldi che vi chiediamo non per noi ma per i vostri cittadini: perché possano acquistarle».
E, in caso di legittimo rifiuto del decisore politico a svolgere per l'ennesima volta il ruolo di pronto soccorso al solito noto? Il finale di partita è scritto: la fuga, l'abbandono dello Stivale. Questo è il prevedibile patatrac al di là delle frasi di circostanza del manager portoghese. Fumo negli occhi dei cittadini/contribuenti.www.pompeolocatelli.it
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