L'economia a stelle e strisce non mostra segnali di cedimento, anzi accelera. E questo fa storcere il naso ai mercati in quanto appare sempre più probabile che la Federal Reserve interrompa il percorso di taglio dei tassi di interesse. Il mercato del lavoro statunitense a fine 2024 ha messo il piede sull'acceleratore, spingendo giù la disoccupazione. A dicembre sono stati creati 256mila nuovi posti di lavoro, ben al di sopra dei 165mila delle stime di consensus e superiori anche ai +212mila registrati a novembre. Siamo davanti al miglior mese dal marzo 2023, a cui si associa la discesa del tasso di disoccupazione dal 4,2 al 4,1 percento. Non si è invece discostata dalle attese la dinamica dei salari, indicatore importante per misurare le pressioni inflazionistiche e che segna un +0,3% a dicembre, in linea con le attese e al di sotto dello 0,4% registrato a novembre. Il primo grande dato dell'anno conferma l'«eccezionalismo degli Stati Uniti» con un'economia decisamente solida. La Fed di Jerome Powell (in foto) dovrà quindi prenderne atto e i futures sui fed funds scontano ora una probabilità quasi nulla di un taglio dei tassi alla prossima riunione in agenda a fine mese. «Un nulla di fatto nel prossimo meeting Fed è ora garantito - taglia corto James Knightley di Ing - e in un contesto di inflazione rigida i rischi sono sempre più orientati verso una pausa prolungata».
I dati di ieri non fanno altro che gettare ulteriore benzina su un contesto reso fragile dai timori di politiche fiscali inflazionistiche da parte della nuova amministrazione Trump. I mercati ne sono consci e Wall Street si è mossa in deciso ribasso con i principali indici in rosso di oltre l'1% a circa un'ora dalla chiusura. Segno meno anche per l'Europa (Milano -0,64%). «I dati sono negativi sia per il reddito fisso che per l'azionario che, a questo punto, comincia ad essere penalizzato da un contesto di rendimenti strutturalmente elevati», evidenzia Nicolò Nunziata di The Lighthouse, ufficio studi Finint Private Bank.
A patire maggiormente sono stati i Treasury. I rendimenti dei titoli governativi decennali Usa sono balzati al livello più alto da novembre 2023, in aumento di oltre 10 punti base al 4,8%. E il Treasury trentennale ha sfondato il muro del 5 percento. Le vendite sui bond statunitensi non sono certo una novità, da settembre a oggi i rendimenti si sono infiammati di oltre 100 punti base. Proprio a settembre era andato in scena il taglio «jumbo» dello 0,5% della Fed e da lì in avanti lo scenario si è progressivamente capovolto. Solo quattro mesi fa i tassi erano attesi scendere fino al 3% mentre ad oggi sembra poco probabile che si smuovano in tempi brevi dal 4% attuale.
Chi invece non scoppia certo di salute è la Cina.
Ieri la banca centrale del gigante asiatico ha deciso di sospendere l'acquisto di titoli di Stato complice la scarsa offerta di titoli pubblici. I rendimenti obbligazionari erano crollati al minimo storico in virtù delle scommesse su un forte allentamento della politica monetaria di Pechino in risposta alla debolezza della congiuntura.
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