A Taranto l'obiettivo 2023 è già un lontano miraggio. L'ex Ilva chiuderà l'anno con il livello di produzione più basso di sempre non arrivando nemmeno a 3 milioni di tonnellate. Secondo indiscrezioni raccolte da il Giornale, con lo status quo dal polo siderurgico pugliese usciranno tra 2,5 e 3 milioni di tonnellate di acciaio. Numeri drammatici che riflettono il declino dell'ex Ilva e smentiscono le previsioni fatte qualche mese fa dai soci che gestiscono l'azienda (Arcelor Mittal al 60% e Invitalia al 40% attraverso Acciaierie d'Italia): «Le previsioni produttive sono quelle concordate dai soci, quattro milioni di tonnellate quest'anno e poi a crescere fino ad arrivare agli otto milioni per arrivare alla piena occupazione», annunciava ad aprile l'ad di Acciaierie d'Italia Lucia Morselli. Niente di più lontano dal vero e dai numeri storici del gruppo: 9 milioni di tonnellate nel 2012 e 12 milioni negli anni '70. Mentre in tempi più recenti si attestava almeno in area 4 milioni.
D'altra parte, nei cosiddetti «sette anni perduti dell'Ilva», dagli arresti degli ex proprietari (la famiglia Riva) e dal sequestro del 26 luglio 2012 il calo produttivo è stato netto e irreversibile. Una situazione che la nuova proprietà non ha saputo sanare e che oggi è aggravata dai continui stop agli altoforni e dalla mancanza di un piano industriale promesso, ma ancora in stallo.
Proprio ieri l'Aigi, l'associazione che rappresenta gli imprenditori dell'indotto schiacciati dagli esosi crediti mai sanati dall'acciaieria, ha richiamato l'attenzione sullo stato dell'arte spiegando che se non saranno fatti «investimenti mirati per l'aumento della produzione di acciaio in tempi strettissimi si dovrà ammettere che la chiusura della fabbrica più grande d'Europa era stata decisa già da tempo». L'Aigi ha richiamato poi al ruolo che può avere la fabbrica per il progetto del Ponte di Messina sulla scia di quanto affermato anche dal presidente della Regione Puglia Michele Emiliano.
Un binomio che non ha però fondamento. «Ilva con il suo acciaio ricorda Carlo Mapelli, docente del PoliMi - potrebbe contribuire per l'impalcato e non per il tondo da cemento armato delle torri e per le funi di acciaio (componenti più delicate e strategiche)». Questo perché l'acciaio prodotto a Taranto è un prodotto cosiddetto «piano», mentre per le ultime due parti serve un prodotto cosiddetto «lungo» che l'Ilva non produce.
Insomma, nessuna luce all'orizzonte se non si attua il piano industriale promesso. Mentre, in parallelo, nemmeno sul fronte giudiziario c'è pace a Taranto.
Nell'ambito del processo Ambiente Svenduto che il 31 maggio 2021 portò a 26 condanne nei confronti della famiglia Riva, ex proprietaria della fabbrica, è stato chiesto lo spostamento del processo in altra sede «neutra».
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