I ristoratori in piazza a Milano, i parrucchieri incatenati a Padova, le file davanti ai centri della Croce Rossa e della Caritas per accaparrarsi un pacco alimentare.
L’Italia si prepara a riaprire i battenti il prossimo 18 maggio, ma quello che troveremo è un Paese in ginocchio. Secondo alcuni quella portata dal Covid-19 è la crisi più grave dal secondo dopoguerra. Il nostro Paese ha pagato uno dei prezzi più alti in termini di vite umane. E come in tutti i conflitti non mancano neppure le vittime collaterali. Nella battaglia inedita contro il coronavirus ad incarnarle sono commercianti, imprenditori, lavoratori autonomi. Secondo l’agenzia di stampa francese Afp, che cita i dati dell’Ocse, il 27 per cento degli italiani rischia di ritrovarsi senza più fonti di reddito per effetto del lockdown.
Le lacrime della ministra? "Discriminano gli italiani"
"Le lacrime della Bellanova? In un momento dove l’esasperazione è alle stelle regolarizzare mezzo milione di extracomunitari è stato un gesto di estrema discriminazione nei confronti di noi italiani", sbotta Romina Paludi. Dirige un centro estetico nel cuore della Capitale e in queste settimane si è fatta portavoce delle rivendicazioni di uno dei settori più colpiti. Quello di parrucchieri, estetisti, barbieri, tatuatori. "Due negozi su dieci lunedì prossimo non rialzeranno la serranda – prevede – la ministra piangesse per loro e non per i migranti".
Secondo le stime di Confartigianato a livello nazionale il fatturato è crollato del 30 per cento e gli addetti che rischiano il posto di lavoro sarebbero almeno 72mila. La ripresa, sempre secondo gli esperti, sarà rapida. Ma il rischio è che in molti non riescano neppure a vederla. "Ad oggi soltanto 5 operatori su cento hanno ricevuto la cassa integrazione", si sfoga Romina.
Se la prende con il governo: "Fino a venerdì sera ancora non c’era un protocollo definitivo dell’Inail per la sanificazione e nessun aiuto economico per acquistare le dotazioni di sicurezza". "Le mascherine a 50 centesimi? - incalza - non si trovano da nessuna parte a questo prezzo e i guanti vengono minimo 18 euro a pacco: così siamo costretti ad alzare i prezzi". Il risultato? "Tra tre mesi chiudo perché perderò tutti i clienti". "Altro che bonus monopattino e crediti di imposta – esclama – ci serve liquidità".
Il grido dei commercianti: "Così ci hanno tolto l’ossigeno"
La rivendicazione è la stessa di tanti commercianti. Lunedì prossimo, nella Capitale, molti di loro sceglieranno di restare chiusi per protesta contro le misure contenute nel "decreto rilancio", giudicate insufficienti. "Sarà il primo grande sciopero del commercio", annuncia Giulio Anticoli, presidente dell’associazione Botteghe Storiche di Roma e Roma Produttiva. "Lo Stato ha tolto ossigeno alle piccole imprese – denuncia – bloccando le entrate ma continuando a pretendere le uscite".
Il Fondo di Garanzia istituito dal governo, per il promotore della serrata di lunedì prossimo, è "inefficace". A testimoniarlo, secondo l’imprenditore, è lo scarso numero di imprese che hanno richiesto questo tipo di aiuti: "Solo 130mila su 5 milioni, e questo ci fa capire che le aziende non possono indebitarsi più di quanto hanno fatto sinora". "Ci hanno spento il motore e tolto la benzina, ripartire così è ancora più difficile", ragiona Anticoli.
"Con le multe ai ristoratori lo Stato ha preso a schiaffi i suoi figli"
"Confesso che il futuro mi spaventa, noi abbiamo venti dipendenti, finora non è arrivato un euro per la cassa integrazione, e abbiamo paura che il governo nei prossimi mesi ci abbandonerà del tutto", ci dice al telefono Guglielmo Casalini, che assieme alla sua famiglia gestisce lo storico Ristorante 34, a via Mario de’ Fiori, nel centro della Capitale. Si prepara ad accogliere di nuovo i suoi clienti da lunedì prossimo, ma, osserva, "fino a ieri non c'erano ancora delle linee guida chiare e di conseguenza sarà difficile applicarle".
La stessa denuncia arrivata ieri sera da Giancarlo Deidda, commissario di Fipe Confcommercio Roma: "A tre giorni dalla riapertura dei pubblici esercizi dobbiamo purtroppo ancora denunciare la totale latitanza delle Istituzioni nella messa a punto di linee guida precise che ci consentano di riaprire le aziende in sicurezza".
"Ci auguriamo che non ci siano troppe norme e ostacoli, un pranzo di lavoro o una cena romantica non possono diventare un momento di stress – continua Casalini –altrimenti non verrà più nessuno, e la crisi rischia di protrarsi ulteriormente". "Il governo – allarga le braccia – finora è stato totalmente assente, pensa solo a togliere, negare, ostacolare, tassare, multare, in cambio però non ci dà nulla".
Le multe ai colleghi milanesi che hanno protestato la scorsa settimana, per il giovane ristoratore romano, sono state "uno schiaffo dello Stato ai suoi figli". "Quelle persone – va avanti - hanno famiglia, erano preoccupate e volevano delle risposte, non stavano lì per divertimento o perché non avevano niente da fare".
Gli albergatori: "Siamo i grandi dimenticati, ma per noi non piange nessuno"
Dovranno attendere ancora, invece, gli albergatori. Ma ogni giorno che passa rischia di compromettere il futuro di molte attività. Il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, nei giorni scorsi, ha parlato di stagione turistica "fortemente compromessa", con il 30 per centro delle strutture ricettive che rischiano di non riaprire questa estate. Il 2020, stima l’associazione, "si chiuderà con perdite dal 60 al 70 per cento". "Entrate che non recupereremo più", è pronto a scommettere il presidente della sezione romana della stessa associazione, Giuseppe Roscioli.
"Siamo stati i primi a fermarci e saremo gli ultimi a ripartire", ci spiega. "Secondo gli studi effettuati dalle grandi catene internazionali – aggiunge – per ritornare al fatturato del 2019 bisognerà attendere almeno il 2023". Bonus vacanze, esenzione della prima rata dell’Imu e tax credit sugli affitti, non bastano.
"Fin dall’inizio era chiaro che il turismo sarebbe stato uno dei settori più colpiti, ma a noi non ha pensato nessuno – denuncia Roscioli - in questo decreto si è visto qualcosa ma siamo ben lontani da quello che servirebbe per rialzarci". "Con tutto il rispetto per i migranti – aggiunge – non mi è sembrato di aver visto lacrime per chi si è suicidato o è stato costretto a mettersi in fila alla Caritas".
Aumentano i nuovi poveri, anche nel ceto medio
È la stessa organizzazione caritatevole a confermare che i nuovi poveri sono raddoppiati nell’ultimo mese. Dal 9 al 24 aprile oltre 38mila persone si sono rivolti alle Caritas diocesane per chiedere cibo e vestiti. Il 105 per cento in più rispetto al periodo pre-emergenza. Ma anche, ha fatto sapere l’organismo pastorale della Cei nelle scorse settimane, "aiuti economici per il pagamento delle bollette, degli affitti e delle spese per la gestione della casa".
Titolari di partite iva, badanti, cuochi, lavoratori dello spettacolo:
questo l’identikit di alcuni di quelli che ora non sanno più come arrivare a fine mese, anche nei quartieri residenziali delle grandi città. Di chi è rimasto con gli occhi asciutti, senza più nemmeno una lacrima da versare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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