Intesa Sanpaolo, forte dei dati dei primi nove mesi dell'anno, si prepara a staccare una doppia cedola, Bce permettendo. «Siamo convinti di essere una delle banche più resilienti e meglio posizionate in Europa per poter riprendere la distribuzione dei dividendi una volta ricevuta l'autorizzazione di Francoforte», ha detto l'ad Carlo Messina presentando la trimestrale. «Confermiamo quindi - ha proseguito il banchiere - un pay out ratio (quota degli utili destinata a dividendo ndr) al 75% sul 2020 e al 70% sul 2021. Inoltre, verificheremo il consenso della Bce alla distribuzione cash da riserve alla luce dell'utile netto 2019». L'Eurotower ha bloccato fino a fine anno lo stacco delle cedole, imponendo agli istituti di credito di prepararsi alle ricadute della pandemia e mettere gli utili 2019 a riserva. Ma, nonostante il «periodo di eccezionale complessità» attraversato, ha proseguito Messina, Intesa ha raggiunto nei primi nove mesi l'obiettivo di utile previsto sull'intero anno, ovvero un profitto superiore a 3 miliardi: per la precisione 3,07 miliardi, che salgono a 6,4 miliardi includendo l'impatto di Ubi. Allo stesso tempo, Ca de' Sass ha concesso moratorie per 66 miliardi (83 includendo Ubi) e ha erogato 24 miliardi di prestiti garantiti compreso il fondo pmi (27 con Ubi). E in Piazza Affari si inizia già a sognare una cedola extra-large: il titolo ha chiuso infatti la seduta in rialzo del 3,7% a 1,597 euro.
Intesa, tra giugno e settembre, ha registrato (escluso Ubi) 4,08 miliardi di proventi operativi grazie a 1,82 miliardi di margini di interesse, 1,86 miliardi di commissioni nette e 295 milioni dell'attività assicurativa, e un utile netto di 507 milioni. L'indice patrimoniale a fine settembre si è attestato al 15,9 per cento. Più in dettaglio poi tra gennaio e settembre, la banca ha migliorato la qualità del credito con una riduzione di 2,7 miliardi di npl, una incidenza dei crediti deteriorati su quelli complessivi del 6,9% e una copertura al 54,4 per cento. Intesa ha poi erogato 66 miliardi di nuovo credito a medio-lungo termine, di cui 47 a famiglie e pmi e, anche rispondendo a un incremento della domanda di protezione, ha poi rafforzato la leadership sia nella gestione patrimoniale sia nell'offerta in ambito assicurativo con l'acquisizione di Rbm.
La prossima sfida, come ribadito da Messina, è procedere con l'integrazione di Ubi. Un processo che «è in corso e bene impostato» e dovrebbe portare a «maggiori sinergie rispetto ai 700 milioni inizialmente previsti entro il 2024», ha sottolineato il banchiere che ha preannunciato un nuovo piano industriale entro fine 2021, quando la pandemia si spera sia rientrata. Nel frattempo, Intesa deciderà entro il quarto trimestre come allocare l'avviamento di Ubi (pari a 3,264 miliardi) per aumentare l'efficienza del gruppo e accelerare lo smaltimento «massivo« dei crediti deteriorati così da diminuire ulteriormente il costo del credito e poter iniziare il prossimo anno con una banca ancora più forte.
Quanto al futuro e senza considerare l'apporto di Ubi, Intesa si attende che «l'utile netto possa risultare non inferiore a 3 miliardi nel 2020 e non inferiore a 3,5 miliardi nel 2021».
Il target di utile al 2022, considerando il polo bancario comprensivo di Ubi, è invece fissato a 5 miliardi. A livello di patrimonializzazione la banca punta a un Cet1 ratio superiore al 13% nel 2021, considerando anche la «potenziale distribuzione cash da riserve».
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