Sarà pure che dall'Italia è bene stare alla larga, ma la stessa Goldman Sachs non sembra prestare molto ascolto ai suoi stessi analisti. È notizia dei giorni scorsi, emersa dalle comunicazioni sulle partecipazioni rilevanti di Consob, che lo stesso istituto americano nell'ambito di operazioni dello scorso 25 aprile si è riposizionato su Intesa Sanpaolo con acquisti di azioni e altri strumenti finanziari portando la sua quota potenziale al 6,6% del capitale, dopo che a inizio aprile era scesa poco sopra l'1 per cento. La situazione non è molto diversa su Unicredit, nella quale Goldman ha una partecipazione complessiva del 6,61%, considerando le azioni con diritto di voto, il prestito titoli e le opzioni.
Insomma, se c'è un tale interesse sulle due più grandi banche italiane, allora negli Stati Uniti non vedono poi così male l'economia italiana. Poco meno di due settimane fa, infatti, usciva una ricerca della banca d'affari che prevedeva uno spread tra Btp italiani e Bund tedeschi presto in impennata a 235 punti base a causa di tassi in rialzo e bassa crescita. Meglio dunque puntare sui titoli di Stato spagnoli, grazie al migliore potenziale di crescita di Madrid. Ma nonostante questo Goldman Sachs investe con trasporto su entrambe le banche nonostante loro stesse abbiano in pancia quote consistenti di debito italiano.
Entrambi gli istituti hanno pubblicato in settimana i loro conti trimestrali con numeri molto positivi, che sono andati oltre le stime degli analisti. La banca guidata da Carlo Messina, infatti, ha messo a referto quasi 2 milardi di profitti (mettendo nel mirino quota 7 miliardi a fine anno). E ha volato anche Unicredit, con 2,1 miliardi di utili e oltre 6,5 in target per la fine del 2023. Risultati che mettono di buon umore anche gli azionisti, se è vero che entrambe prevedono di distribuire cedole per un ammontare intorno ai 5,8 miliard (11,6 in due).
Ma come mai le banche italiane scoppiano di salute? La risposta più immediata è che tutto il settore bancario, non solo nel nostro Paese, stia beneficiando della spinta ai tassi d'interesse impressa dalla Banca centrale europea. Intesa ha avuto una crescita degli interessi netti a 3,25 miliardi (+66,3%). E anche l'istituto guidato da Andrea Orcel ha avuto le sue belle soddisfazioni da un margine d'interesse che ha toccato i 3,3 miliardi. Unicredit vi ha accompagnato una limatura ai costi del 5,8% trimestre su trimestre a 2,3 miliardi. Anche Intesa ha lavorato bene su questo aspetto, vedendo sì lievitare in modo frazionale (+0,5%) i costi operativi sul primo trimestre 2022, ma abbattendoli del 19% rispetto allo scorso trimestre a quota 2,5 miliardi.
C'è però almeno un altro aspetto che ha propiziato i buoni conti dei principali istituti: l'ingrediente segreto si chiama economia italiana, che ormai da oltre due anni batte costantemente al rialzo le attese del mercato. Da ultimo nel primo trimestre del 2023, dove il Paese ha ottenuto un +0,5% che si è andato a collocare al di sopra di una media europea che si è fermata a un +0,1 per cento.
Va da sé che le due banche più grandi del Paese, e non sono loro, abbiano giovato di un aumento dell'attività economica, con un Pil che è ormai ben al di sopra del livello pre pandemia. E se il debito al 144% del Pil è ancora troppo alto, certo aiuta che il governo Meloni abbia mantenuto l'approccio «prudente sui conti» che gli è stato riconosciuto anche dall'agenzia americana Standard & Poor's.
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