Intesa rilancia: agli azionisti di Ubi, oltre alle 17 azioni Intesa già messe sul tavolo ogni 10 titoli Ubi, aggiunge 57 cent per ogni azione della banca lombarda. L'operazione equivale a un esborso di circa 650 milioni in più del previsto. Per i soci Ubi significa un rilancio del 12,7% rispetto a ieri: le azioni Ubi hanno chiuso a 3,268 euro; chi le avesse comprate per consegnarle a Intesa riceverebbe, sempre sulla base dei prezzi di ieri, l'equivalente di 3,684 euro. Non a caso il titolo Ubi aveva galoppato per tutta la seduta, fiutando il rilancio, puntualmente arrivato dopo un cda della banca milanese. D'altra parte questa era l'arma segreta dell'ad di Intesa Carlo Messina.
Da usare però al momento giusto. E questo è arrivato con l'ok dell'Antitrust all'operazione, giunto nel pomeriggio di giovedì 16 luglio. Un via libera che a ben vedere ha avuto un significato preciso: sgombrare il campo da quello che è apparso l'ostacolo più importante sulla strada di Intesa. L'istruttoria aperta durante il lockdown dal presidente dell'Antitrust Roberto Rustichelli - drammatizzata dall'invio della Guardia di Finanza, dalla partecipazione di attori terzi come Unicredit e dalla fuga di notizie che a inizio giugno davano l'operazione non autorizzabile - ha acceso un faro su una sorta di conflitto di sistema: da un lato l'esigenza del consolidamento bancario auspicata da Bce e Bankitalia, dall'altra il rischio di minore concorrenza sollevato dall'Autorità Antitrust.
Il tema, cavalcato dagli avversari di Messina, è stato quello del «terzo polo» che Ubi sarebbe stata pronta a creare e che Intesa, con la sua Ops, avrebbe ucciso nella culla. Ma dopo quasi due mesi di istruttoria, Rustichelli ha escluso l'effetto «terzo polo» e ha risolto il problema concorrenza imponendo la condizione di cedere un centinaio di sportelli in più rispetto ai 450 ipotizzati fin da subito da Intesa (a fronte di un totale di circa 5mila filiali aggregate).
Il dietrofront di Rustichelli - probabilmente maturato anche a fronte dell'emergenza che attende il sistema bancario, nonché dalla prossima apertura del dossier Mps - è stato il segnale che l'ostacolo di «sistema», il più alto e ostico, era caduto. A Intesa, con Mediobanca nel ruolo di advisor, resta ora quello degli azionisti Ubi. E per questi è arrivato il rilancio annunciato ieri, (più alto di circa il 25% rispetto alle attese del mercato).
Una carta che Messina gioca alzando nel contempo la posta: a questo punto l'obiettivo dell'offerta non può più essere il 50% ma diventa quel 66,7% che consentirebbe il controllo dell'assemblea straordinaria e quindi la fusione Intesa-Ubi. D'altra parte già prima del rilancio, il presidente del patto dei Bresciani (8% di Ubi), Franco Polotti aveva annunciato la propria adesione. A cui sono seguite quelle delle due grandi Fondazioni azioniste: Monte (3,9%) e Cuneo (5%), che seguono Cattolica (1%): del quasi 30% di soci Ubi riuniti in tre patti sindacati, almeno la metà si è convinta ad accettare l'offerta.
Posto che i fondi, stimati al 40%, di fronte al rilancio
dovrebbero aderire, lo scenario degli ultimi giorni di offerta, che dura fino al 28 luglio, è ora del tutto diverso: la stima delle adesioni non è più intorno al 50, ma si è già spostata oltre la soglia del due terzi del capitale.
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