Sono due milioni e 250 mila. Nel 2012 non hanno lavorato, né studiavano. Sono i cosiddetti Neet, in Italia il 23,9% dei giovani tra i 15 e i 29 anni. La percentuale - spiega l'Istat nel suo rapporto annuale - è la più alta d'Europa.
In Italia sono quasi sei milioni le persone che potrebbero essere impiegate, tra i 2,74 milioni di disoccupati e altri 3,08 milioni di persone che, pur non cercando lavoro, sarebbero disposte a lavorare, o che lo cercano ma non immediatamente.
Negli ultimi anni (2008-2012) in Italia si sono persi 506mila posti di lavoro. Il crollo maggiore si è fatto sentire sui contratti standard (tempo pieno e indeterminato). I part time sono aumentati di 425mila unità. In crescita anche i contratti atipici, di 20mila unità. Nell'ultimo anno 69mila occupati in meno.
Con un obiettivo europeo fissato all'82% nel 2020, solo il 57,6% dei giovani italiani trovano lavoro a tre anni dalla laurea o dal diploma.
Nello stesso periodo (2008-2012) sono aumentate le famiglie con figli in cui lavorano soltanto le donne. Nel 2012 erano 381mila, l'8,4% del totale. Il lavoro femminile resta meno pagato: la retribuzione mensile è inferiore del 20%.
Lo scorso anno si è visto anche una caduta "di intensità eccezionale" del potere d'acquisto delle famiglie, che ha perso il 4,8 per cento. Quasi 15 milioni di persone (25% della popolazione) a fine 2012 vivevano in condizioni di disagio economico. Il picco al sud: 40% degli abitanti. 8,6 milioni di persone vivono in condizioni di grande disagio, in percentuale circa il doppio rispetto al 6,9% del 2010. Colpito ormai anche il ceto medio.
Tra il 2011 e il 2012 le famiglie hanno ridotto quantità e qualità degli alimentari acquistati. Al Nord le famiglie diminuiscono la quantità del 34,9%, nel Mezzogiorno del 44,1%.
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