Ci sono mancanze che pesano come macigni. E quando riguarda l'economia reale la cosa dovrebbe essere motivo di forte preoccupazione. Mi riferisco a un problema enorme che, periodicamente, viene richiamato all'attenzione da chi si occupa di offrire una fotografia della situazione in materia di salute e criticità del nostro mondo imprenditoriale: alle imprese mancano un milione di figure professionali specializzate. E questo nonostante nel Paese vi siano oltre 2 milioni di disoccupati con età tra i 15 e i 34 anni. Un quadro drammatico, un corto circuito allarmante, un paradosso e di paradossi che fanno male l'Italia ne annovera numerosi.
La fotografia è scattata dalla Cgia di Mestre. Che ci fa sapere con i dati la grandezza del fenomeno. Infatti, dal 2017 a oggi l'incidenza della complessità a reperire manodopera qualificata è più che raddoppiata. La percentuale è davvero imbarazzante: nel settembre scorso ha toccato il 47,6%; mentre sei anni era al 21,5%. Dunque, in sei anni questa mancanza ha assunto una consistenza insopportabile. C'è uno scollamento evidente. Una frattura. Una pericolosa assenza nella comunicazione.
Occorre indagarne i motivi e non fermarsi alle analisi sociologiche. L'economia reale, autentico termometro dello stato di salute di un Paese, non può vivere nella quotidianità tale esperienza negativa. Manca un milione di addetti? Bene, chi di dovere faccia affinché si riduca drasticamente il numero.
Una regia che sia capace di generare finalmente un circolo virtuoso che coinvolga i soggetti formativi a tutti i livelli, le agenzie del lavoro, il variegato universo del sistema imprenditoriale italiano. Non è accettabile che giovani tra i 15 e i 34 anni siano fuori dal mercato del lavoro. Ne va del loro presente e soprattutto del loro futuro. Ne va del presente e del futuro dell'Italia.
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