Ho letto, come credo molti in questi giorni così poco ordinari, quel che ebbe a dire Bill Gates in un discorso pubblico del marzo 2015 a minaccia appena superata del virus Ebola. Ciò che ha richiamato la mia attenzione non è stato tanto il suo profetizzare di virus futuri che avrebbero prodotto un numero di morti di gran lunga superiore, ma il fatto che terminava l'istruttivo intervento con una ricetta propositiva declinata per punti: investire collettivamente sulla ricerca rinforzando i sistemi sanitari dei paesi più deboli; organizzare un esercito di riservisti sanitari da mettere in campo all'insorgere della prossima epidemia; ripensare all'utilizzo delle enormi forze militari già dislocate intorno al mondo con soldati in funzione di contenimento intorno ai focolai. Mi ha colpito molto la concretezza delle sue parole che non si sono limitate a esternare preoccupazione. Ha parlato con il piglio dell'imprenditore decisionista che sa programmare a medio lungo termine. Un metodo che, a quanto è dato sapere, applica nell'attività di filantropo che sempre più occupa spazio nella sua vita. È quello che dovrebbe impegnare gli Stati di qui ai prossimi anni che si prevedono molto difficili. Angela Merkel ha annunciato un'operazione choc di 550 miliardi in favore di imprese e famiglie. In Italia, con le dovute proporzioni, siamo molto lontani. Il nostro Paese non riesce proprio a programmare. È un suo tarlo storico. Ci blocca una malintesa concezione della democrazia (tutta diritti, nessun dovere) che, in abbinata alla burocrazia, nella sostanza impedisce la messa in opera di piani di rilancio strutturali destinati a una ricaduta benefica negli anni. Insomma, difettiamo di decisionismo, beninteso, di decisionismo democratico.
La drammatica
situazione mondiale in noi italiani esalta generosità, senso di appartenenza, amore per la nostra patria. Ne sono certo tutti insieme ce la faremo. Non dimentichiamoci però, soprattutto per i nostri giovani, la lezione di Gates.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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