Potrebbe essere l'assemblea degli azionisti di Cnh Industrial, il 15 aprile, l'occasione per avere un punto sul destino di Iveco. Sul tavolo dell'ad Scott Wine non è ancora arrivata la nuova proposta di Faw, gruppo cinese interessato a Iveco e già al lavoro per insediarsi nella Motor Valley con un polo per auto elettriche. La prima offerta di 3 miliardi, nel 2020, era stata ritenuta inadeguata. Valutazione a parte, ora il nodo da sciogliere riguarderebbe la società Fpt, che produce motori per uso industriale, cioè quale quota finirebbe a Faw (non autosufficiente nei propulsori) insieme a un accordo sull'indipendenza della stessa. La trattativa, infatti, include camion, bus e motori. Sono invece esclusi i mezzi per la difesa. Punto di domanda su Nikola, l'azienda Usa specializzata in camion elettrici e a idrogeno, che ha stretto una joint venture europea con Iveco. I rapporti Usa-Cina potrebbero infatti non far rientrare la joint venture nella cessione. In tal caso resterebbe in Cnh Industrial, occupandosi di mezzi green per la difesa e il soccorso.
Ai nodi Fpt e valutazione, si è aggiunto quello politico e sindacale, con i timori che una cessione ai cinesi, oltre a incidere sull'italianità di Iveco, porti rischi sui livelli occupazionali. Ecco allora la richiesta bipartisan da parte della politica di attivare un tavolo con le parti sociali e le istituzioni locali, insieme alla valutazione di ricorrere alla golden power, cioè la facoltà di dettare condizioni all'acquisito di partecipazioni, porre il veto all'adozione di determinate delibere societarie e opporsi all'acquisto di quote.
«Il comparto dei trasporti è strategico per il Paese - commenta un osservatore - ma lo Stato quali intenzioni ha su Iveco? È in grado di supportarne lo sviluppo? Recenti esempi vanno nella direzione opposta. Tanto vale un investitore estero con piani precisi. Ecco perché occorre attendere l'offerta e il progetto produttivo italiano di Faw. Quindi, si potranno fare tutte le valutazioni». Dall'assemblea di Cnh Industrial e dal presidente di Exor, John Elkann, si attendono, dunque, segnali in vista dello scorporo del gruppo, non prima del 2022, operazione che sarebbe preceduta - in funzione della cessione - dalla ridefinizione dell'organigramma di Iveco, magari già entro l'estate per rendere più agevole l'iter.
«In questo scenario - dice Gianandrea Ferrajoli (Federauto Trucks) - c'è fa augurarsi che Iveco resti un fiore all'occhiello dell'Italia. A far gola sono posizionamento e piani green tra metano, elettrico e idrogeno. Servono soprattutto investimenti di lungo periodo».
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