«La7 perdeva cento milioni all'anno. Un giorno, mi stavo lavando le mani in bagno, ho guardato l'orologio e ho pensato: è passato un minuto. Ecco, ho perso mille euro». Chi conosce bene Urbano Cairo l'ha sentito più volte citare questo aneddoto da ristrutturatore di aziende editoriali. Gli stessi conti Cairo li ha fatti ieri in tasca a Rcs di cui si occuperebbe personalmente in caso di successo dell'offerta pubblica di scambio proposta tramite la Cairo Communication. E li ha snocciolati all'assemblea dei soci che ha dato il via libera all'aumento di capitale da liberarsi con le azioni della Rizzoli eventualmente consegnate all'Ops.
«Dal 2011 Rcs ha bruciato 120 milioni di cassa ogni anno, che sono 10 milioni al mese», ha sottolineato Cairo, definendoli numeri «incredibili e impietosi» registrati dopo anni «di malagestio». Perché «Rcs ha venduto le cose che non doveva, non ha tagliato i costi, non ha sviluppato i ricavi e ha venduto la sede del Corriere di via Solferino per riaffittare l'immobile a costi esorbitanti. Chi ci ha rimesso sono i dipendenti che sono stati mandati via». Intanto l'azienda «brucia ricchezza», ed è «al top» nella produzione di piani industriali «ma poi non li mette in pratica». Ecco perché il gruppo del Corriere della Sera «ha bisogno di una persona che entri e se ne occupi dalle otto del mattino a mezzanotte», replicando proprio il copione seguito dall'imprenditore per la rete tv comprata da Telecom nel 2013. Lo stesso anno dell'ingresso nel capitale della Rizzoli con un iniziale 2,8% (oggi è al 4,6%) costato al tempo 15 milioni. Ora Cairo vuole completare il disegno abbozzato tre anni fa. Se riuscirà a convincere gli altri soci che gli contestano un prezzo troppo basso ma non hanno mai messo in dubbio pubblicamente le capacità nè il coraggio dell'imprenditore sempre rimasto fuori dai «salotti» della finanza. Gli attacchi più aggressivi, per ora, sono arrivati dal cda di Rcs, inteso come organo dietro cui si trincerano i singoli consiglieri. E anche su questo Cairo non risparmia veleno: «Dal momento che un cda dovrebbe fare l'interesse dell'azienda e di tutti gli azionisti - ha detto - non mi è piaciuto che il board di Rcs si sia pronunciato anzitempo, bocciando l'offerta senza conoscerla e senza avere rispetto. Un'azienda con quel track record, che brucia 10 milioni di euro al mese, ha davanti un editore che ha dimostrato di saper risanare aziende e che fa un'offerta: la bocci senza conoscerla? Credo che un cda dovrebbe lavorare in modo diverso».
Cairo, insomma, non accetta critiche se a farle è chi «ha accumulato 1.300 milioni di perdite» mentre la Cairo Com, dall'inizio a oggi, ha distribuito ai soci 261 milioni di euro di dividendi». Colpa, in casa Rizzoli, non solo della passata gestione targata Pietro Scott Jovane: «Adesso c'è una persona che non so come sta lavorando, ho letto che sono contenti di 22 milioni di euro di perdite. Dicono che continuano a migliorare - ha notato Cairo senza citare il nuovo ad Laura Cioli - e intanto restano in rosso: se sono contenti così cosa posso dire? Dal 2012, tra aumenti di capitale e conversione hanno raccolto 450 milioni di euro e con le cessioni come minimo altri 350 milioni. Dovrebbero avere 50 milioni di debiti e invece, con la vendita dei Libri, saranno a 411 milioni. Hanno bruciato cassa per almeno 360 milioni».
Quanto alle possibili controfferte, di cui Mediobanca si è fatta «destinataria» ma che per il momento non si vedono all'orizzonte, la questione viene liquidata con una battuta: «Fino all'altro giorno non mi sembra ci fosse tutto questo
interesse per Rcs, l'hanno scoperta perché io ho detto che si può fare qualcosa di buono».La morale della «versione di Cairo»? «Io so come far bene perché io faccio l'editore. A differenza di chi ha gestito Rcs fino a oggi».
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