
Ha ragione il presidente di Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros-Pietro quando dice che la nostra terra rara è il risparmio. Aggiungerei il patrimonio artistico nelle sue magnifiche e uniche evidenze, ma questo è un altro tema. Restiamo al risparmio degli italiani. Quello degli investimenti di individui e famiglie è da sempre una questione dirimente. E la storia del Belpaese insegna che il bancocentrismo ha spesso tenuto ingessato il mercato dei capitali. Che le banche facciano il proprio mestiere e svolgano una funzione importante a livello economico/finanziario è nelle cose, il problema riguarda gli eccessi di protagonismo che, infine, sfociano in pratiche da grande abbuffata, che competono alla grande con quel professore del genere che si chiama Pantagruele. Oggi, con le incertezze su scala globale, è fondamentale avviare un processo di ripensamento complessivo in materia di offerta di formule di investimento per il risparmio. Che è un bene così prezioso che merita di trovare nel mercato libero chance qualificate e plurali. Di certo il bancocentrismo non è la soluzione. Il mix dell'offerta è la strada giusta su cui un Paese che guarda in avanti dovrebbe insistere. In questo caso vale il ragionamento che gli analisti più accorti spendono per il comparto della transizione energetica. Non solo investimenti su un'unica fonte di approvvigionamento ma, in nome del realismo sempre necessario, il cocktail è la miscela virtuosa. Dunque, che l'Italia svolti davvero e si apra al mercato dei capitali con il via libera convinto a caldeggiare più strumenti finanziari accreditati del tipo fondi di private equity, venture capital, eccetera.
Ciò si rivelerebbe una mossa dall'alto contenuto strategico per il sistema Paese, linfa vitale per favorire lo sviluppo della nostra economia reale, del nostro sistema industriale. La crescita finanziata dal mercato, ovvero innervata dai soldi dei privati, avrebbe il visionario significato di muovere a un cambio di passo culturale, tipicamente di impronta liberale.www.pompeolocatelli.it
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