In un grande magazzino una volta al mese/Spingere un carrello pieno sotto braccio a te/E parlar di surgelati/rincarati. Quarantacinque anni dopo la delicata Perché no dell'allora inossidabile coppia Mogol-Battisti, il dibattito all'interno delle coppie italiane sul costo della sogliola limanda continua, ma il carrello non è più colmo come una volta. Al contrario, è sempre più leggero da spingere e sempre più pesante alla cassa. È l'effetto dei rincari che continuano a flagellare i generi di prima necessità, la cui crescita è stata in agosto del 9,6% su base annua. Seppure in calo rispetto al 10,2% di luglio, i prezzi dei beni riconducibili soprattutto agli alimentari restano un formidabile svuotatasche per gli italiani e una sorta di tagliola congegnata sull'Isee di ciascuno che determina ciò che alla fine si mette in tavola. Per chi non ce la fa - e sono in tanti - significa pietanze meno ricche, frutta e verdura col contagocce, minor apporto di proteine e carboidrati. Un continuo vivere per sottrazione che fa ben capire come la pandemia prima e la guerra nel cuore dell'Europa abbiano reso breve il passo dal rischio deflazione (il babau della Bce nell'era Draghi) alla convivenza forzata con un'inflazione da anni '70.
Così, mentre le famiglie accolgono con poco sollievo dall'Istat la notizia che l'inflazione si è fatta meno feroce (il mese scorso c'è stato un aumento dello 0,4% e del 5,5% su base annua, dal +5,9% di luglio) e sgranano un tantino gli occhi davanti al rallentamento dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati (da +7% a +5,7%), quelli che comprendono pure quei carburanti surriscaldati come Caronte durante il periodo vacanziero, chi ha sul groppone anche un mutuo volge uno sguardo implorante verso la Bce. Se il signor Rossi dovesse fidarsi dei mercati, che assegnavano ieri appena il 25% di probabilità a un rialzo dei tassi di Eurolandia in settembre, potrebbe tirare un sospiro di sollievo. Ma quando c'è di mezzo l'Eurotower, il rischio del wishful thinking, cioè di scambiare i desideri con la realtà, è sempre in agguato.
Alcuni analisti sostengono tuttavia che l'aggressività di Christine Lagarde e dei falchi che le volteggiano attorno ha gli artigli un po' spuntati dopo il raffreddamento dell'inflazione core (quella che esclude cibo ed energia), la cui crescita in agosto è stata del 5,3% annuo contro il 5,5% del mese precedente, mentre il paniere complessivo non ha registrato variazioni, restando stabile al 5,3%. Nel pensiero dominante di Francoforte, un dato positivo non basta però a cambiare gli orientamenti. Nel vertice di luglio in cui è stato deciso di alzare di un altro quarto di punto il costo del denaro (al 4,25%), è prevalso, come si sottolinea nei verbali diffusi ieri, un ampio consenso sul fatto che, prima della riunione di settembre, il Consiglio direttivo non dovesse né accennare a ulteriori aumenti dei tassi né segnalare che avrebbe sospeso l'aumento dei tassi o che aveva raggiunto il picco. L'ordine impartito era insomma uno solo: bocche cucite.
Peccato che al simposio Fed in quel di Jackson Hole, Madame Bce abbia mantenuto quella sorta di rictus hawkish che fa sospettare un ennesimo inasprimento, da squadernare il 14 di questo mese. Isabel Schnabel, membro del board esecutivo della banca centrale, ha parlato ieri di inflazione core ostinatamente alta, di elevati rischi al rialzo e di incertezza sul ritmo della disinflazione: tutti tasselli che mal si incastrano con la messa in stand by della politica monetaria.
Abbandonata la cosiddetta forward guidance, la Bce non anticipa più da mesi ciò che farà. Conferma Schnabel: Non possiamo prevedere dove sarà il picco del tasso, o per quanto tempo i tassi dovranno essere mantenuti a livelli restrittivi. Tempo due settimane, poi la nebbia si dissolverà.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.