L'inflazione Usa rallenta. Fed verso la mini-stretta

Caro vita al 6,5%, dopo il calo del diesel. Le Borse vedono i tassi su solo dello 0,25% e festeggiano

L'inflazione Usa rallenta. Fed verso la mini-stretta

Una Fed meno falco del temuto potrebbe essere la prima sorpresa del 2023. Le possibilità di un rialzo dei tassi circoscritto a un quarto di punto, nella riunione all'inizio di febbraio, sono balzate ieri non appena è stato reso noto che l'inflazione negli Usa è scesa in dicembre dello 0,1% rispetto al mese precedente, frenando così la sua corsa annuale al 6,5%. Notizie rassicuranti sono arrivate anche dal versante core (il paniere che esclude alimentari ed energetici), salito dello 0,3% mensile e del 5,7% negli ultimi 12 mesi. Il motivo del raffreddamento del carovita è presto detto: se in Italia infuria la polemica per il caro-carburanti, negli States le tasche degli automobilisti hanno smesso di piangere, visto che i prezzi della benzina sono calati del 9,4% da novembre e quelli del gasolio addirittura di oltre il 16%. «Questo dà un po' di sollievo alle famiglie e mostra che il mio piano sta funzionando», ha commentato il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Il gallone non fa dunque più rima con inflazione, e resta soltanto da aspettare l'aggiustamento del costo degli affitti (+0,8%) per poter certificare che il peggio è passato.

Per ora, basta però così. E per quanto i numeri diffusi dal Bureau of Labor Statistics siano risultati in linea con le attese, i mercati (tutti in rialzo, con Milano a +0,7% e Wall Street in salita dello 0,5% a un'ora dalla chiusura) hanno subito ricalibrato le loro previsioni sulla rotta della politica monetaria. Col risultato di far crollare dal 26% all'8% le chance di una stretta superiore allo 0,25% il mese prossimo e indicare come improbabile un giro di vite superiore al mezzo punto da qui a fine marzo. Dopo i sette aumenti nel '22 che hanno portato il costo del denaro da zero al 4,25-4,50%, il capo della Fed Jerome Powell sembra dunque nelle condizioni ideali per allentare un po' la presa.

L'orientamento meno restrittivo traspare peraltro nelle parole del numero uno della Fed di Philadelphia, Patrick Harker, che considera «appropriati da qui in avanti» inasprimenti da un quarto di punto. Anche se James Bullard (Fed St. Louis) ha detto che i «mercati sono troppo ottimisti sull'inflazione» e la banca centrale dovrebbe portare «al più presto i tassi sopra il 5%», un fronte meno hawkish si sta coagulando all'interno del board. Prova ne è il fatto che il portavoce della Fed, Nick Timiraos, ha sottolineato come «i nuovi dati sull'inflazione mettano la Fed sulla buona strada per ridurre a un quarto di punto il rialzo dei tassi in febbraio».

Tra le mura di Eccles Building resta comunque in piedi l'intenzione di non tagliare il costo del denaro per tutto il 2023. Ma più che l'inflazione, a determinare la traiettoria della politica monetaria potrebbe essere l'andamento del mercato del lavoro.

Un peggioramento rispetto alla situazione attuale (tasso di disoccupazione al 3,5%) potrebbe convincere Washington che non è più tempo di far la faccia feroce. Non per la Bce, che anche nell'ultimo bollettino ha ripetuto il solito mantra: «I tassi devono ancora aumentare in maniera significativa».

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