"Il made in Italy spingerà l'export oltre il pre-Covid già entro il 2021"

Ma per il Turismo recupero nel 2022. La ripresa del Pil

"Il made in Italy spingerà l'export oltre il pre-Covid già entro il 2021"

L'export riprende a crescere e nel 2021 supererà i livelli pre-pandemia. Lo certifica Sace - la società che si occupa di supportare le imprese italiane nell'export che ha appena lasciato la Cdp ed è tornata sotto il controllo del Mef guidato da Daniele Franco (foto) - nel rapporto «Ritorno al Futuro: anatomia di una ripresa post-pandemica», giunto alla quindicesima edizione.

Sace stima che le vendite di beni made in Italy raggiungeranno quota 482 miliardi di euro, per poi continuare ad aumentare del 5,4% nel 2022 e assestarsi su una crescita del 4%, in media, nel biennio successivo. Un ritmo che consentirà di superare di quasi un punto percentuale il tasso medio pre-crisi (+3,1%, in media tra 2012 e 2019), e consentirà di raggiungere nel 2024 il valore di 550 miliardi di esportazioni di beni. Questa considerevole performance sarà raggiunta anche grazie agli ingenti programmi di ripresa (come il Next Generation Eu in Europa e il piano infrastrutturale negli Usa) che genereranno una domanda aggiuntiva. Quanto all'export italiano di servizi, maggiormente colpito dalle misure restrittive legate alla pandemia con impatto negativo soprattutto sul turismo, è atteso un recupero solo parziale nel 2021 (+5,1%). La vera e propria ripresa avverrà nel 2022 quando l'export di servizi tornerà ai livelli del 2019, grazie a un incremento del 35,1%.

Secondo Sace anche l'attuazione completa del Pnrr potrà spingere la ripresa.

Qualora tutte le opere previste dal Piano venissero realizzate, in particolare quelle relative a infrastrutture e digitalizzazione, la crescita del Pil nei prossimi cinque anni sarebbe più marcata (+2,7 punti percentuali) rispetto alla previsione base: nel triennio 2023-25 il tasso di crescita medio annuo del Pil potenziale sarebbe pari a 1,5% con le riforme approvate, a fronte di una media storica pari a +0,4% nel periodo 2000-2019. Merito anche di un «contesto istituzionale e regolatorio maggiormente efficiente e competitivo» che favorirebbe gli investimenti.

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